A Milano è stato inaugurato un club di Forza Italia dedicato a Vladimir Putin. Lo scopo dell’iniziativa sarebbe quello di rilanciare la storica amicizia tra Silvio Berlusconi e il presidente russo, definito dai fondatori del club azzurro un “grande statista”, un “punto di riferimento”, “un simbolo della capacità di tutelare la sovranità nazionale”, oltre che “colui che ha evitato la Terza Guerra Mondiale” schierandosi contro un’ipotetica invasione della Siria.
I principali organi di informazione hanno rilanciato la notizia con lo sdegno e con l’ironia di fondo di chi crede fieramente di essere immune da una malattia che, in realtà, ha largamente contribuito a provocare e ad alimentare giorno dopo giorno con il proprio letargo culturale.
Se, infatti, la trovata dei “forzisti” appare del tutto imbarazzante – un despota responsabile della violazione quotidiana di diritti umani erto a simbolo del presunto schieramento liberale italiano –, di certo a riderne non possono essere gli operatori informativi, assieme ad una classe politica alienata e ad una classe intellettuale che detiene una parte della responsabilità per l’imputridimento del dibattito politico e culturale italiano.
Insomma, il risentimento che sta emergendo in queste ore di fronte all’iniziativa del gruppo di berlusconiani finisce col rientrare perfettamente in ciò che su queste pagine è stata definita la società delle conseguenze, in cui ci si limita a valutare le singole vicende così come si presentano ai propri occhi, dimenticando qualsiasi forma di indagine critica sulle ragioni reali e strutturali che hanno portato alla realizzazione di questi eventi. Si osservano e si analizzano, in breve, gli effetti, ma mai le cause.
Così, in questo caso, si giunge a non constatare che se nel pantheon del principale partito del centrodestra italiano hanno finito per trovare posto i vari Putin, Gheddafi e Lukashenko, piuttosto che i grandi pensatori liberali che hanno segnato la storia del nostro Paese, e non solo, la colpa è anche di un sistema informativo che, piegandosi alle strutturali logiche partitocratiche e di potere, ha abdicato alla propria funzione di rappresentazione e stimolazione dell’opinione pubblica, preferendo adagiarsi in maniera conformista su un immobilismo intellettuale, rintracciabile quotidianamente con molta semplicità se si sfogliano le pagine dei vari giornali.
Ad indebolire ulteriormente la già flebile vita democratica ci pensano, peraltro, anche coloro che dovrebbero rappresentare la cosiddetta classe intellettuale, da tempo ormai territorio di professoroni “di sinistra”, più impegnati a lanciare girotondi, movimenti, partitini e a darsele puntualmente di santa ragione, come i vecchi arnesi politici, che a fare altro.
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