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16/11/24 ore

Renzi e quel sapore del “vecchio” e “provinciale”


  • Danilo Di Matteo

Molti osservatori hanno associato, in chiave di psicodramma, l’atmosfera che ha caratterizzato la “cerimonia della campanella” fra Enrico Letta e Matteo Renzi e l’esclusione di Emma Bonino dalla compagine governativa. Sì, gli eventi della vita, compresi quelli politici, hanno spesso importanti risvolti psicologici, sovente misconosciuti in nome della “scienza” o dell’ “arte del possibile”.

 

Tuttavia il cambio della guardia alla Farnesina ha significative valenze politiche, già sottolineate da Marco Pannella. Dal canto mio, aggiungerei che in occasione delle primarie – soprattutto di quelle per la premiership, che vedevano Pier Luigi Bersani contrapposto al sindaco di Firenze – quest’ultimo evocava spesso gli Stati Uniti d’Europa, Altiero Spinelli, il sogno di un mondo fondato sui principi della libertà e della democrazia, il carattere globale della nostra epoca.

 

E chi meglio di Bonino incarna tutto ciò? Ѐ come se il gesto di Renzi andasse contro quello in cui proprio lui dice di credere; una sorta di primo sacrificio sull’altare del potere fine a se stesso. Una conferma della distanza abissale fra parole e fatti che caratterizza la nostra vicenda nazionale, come rilevato tante volte da Giuseppe Rippa.

 

Dinanzi al rischio della Babele, nelle relazioni fra gli Stati e con le varie comunità etniche e religiose ormai presenti anche da noi, come non provare a elaborare un codice comune basato su principi condivisi? Ecco la sfida decisiva dei giorni nostri, con tutte le sue implicazioni economiche e sociali. Ecco il perenne tema della guerra e della pace coniugato al presente e al futuro. La decisione del premier, al contrario, ha il sapore del “vecchio” e del “provinciale”, al di là di ogni apparente paradosso.

 

 


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