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16/11/24 ore

Il problema Germania


  • Silvio Pergameno

La Germania è oggi variamente sotto accusa per il suo comportamento nei confronti dei partner dell’Eurozona afflitti dal problema di esorbitanti debiti pubblici e disavanzi di bilancio, colmati con il finanziamento derivante dall’ emissione di titoli di stato; per questi ovviamente si pagano interessi che, se il debitore, cioè noi, è ritenuto poco affidabile, è chiaro che vanno alle stelle e gli sforzi che i paesi debitori fanno per reggere risultano vanificati.

 

I paesi debitori cercano di difendersi, cercano che le BCE o fondi speciali si comprino i titoli che non si riesce a piazzare o che si concedano lunghe dilazioni di pagamento…, mentre i paesi creditori, tra cui appunto la Germania e le sue grandi banche, tengono duro, vogliono sentirsi garantite (e intanto riscuotono alti interessi, tra l’altro) e ci dicono: voi avete speso troppo, vi siete garantiti un tenore di vita (leggi “uno stato sociale”) che non potevate permettervi e oggi dovremmo pagare noi che abbiamo fatto sacrifici per costruire un’economia sana e competitiva?

 

Questo è, per sommi capi il quadro, che l’Eurozona e l’Unione Europea stanno affrontando; ma il fatto è che lo fanno sulla base di analisi e con gli strumenti usuali, maturati nel tempo dagli economisti, tra l’altro mai d’accordo tra loro col risultato di perdere tempo a recitare la commedia delle comari del vicolo, per l’incapacità di portare il discorso al livello giusto, che è quello storico politico perché la situazione attuale non è solo il frutto di spese facili e di speculazioni finanziarie (che certo pure, ci sono) ma è il risultato della storia del secondo dopoguerra, una storia cosparsa di limiti e distorsioni nella quale siamo tutti coinvolti e che la crisi ha fatto esplodere: oggi paghiamo i prezzi, senza cercare di capirne bene il perché. Perché non riusciamo a fronteggiare le speculazioni, perché non riusciamo a ridurre i debiti, perché tappiamo una falla e se ne apre un’altra.

 

Qui non si tratta di criminalizzare la Germania, come la Germania non può mettersi in cattedra a fare la maestrina con la bacchetta in mano; invece occorre riesaminare la ricostruzione dei paesi europei dal 1945 in poi, dei principi ai quali ci siamo ispirati, dei problemi che ciascuno stato ha dovuto affrontare, di come abbiamo realizzato i nostri stati sociali, della quiete goduta sotto l’ombrello della divisione del mondo tra USA e URSS, finché è durata.

 

La Germania ha pagato prezzi enormi per giungere a darsi una democrazia e tutti in Europa abbiamo pagato…. La Germania è uscita letteralmente distrutta dalla sconfitta del 1945 e divisa in due stati, ma l’Occidente la ha accettata, la ha trattata come amica e la ha aiutata con gli aiuti del piano Marshall; non è stato commesso l’errore del 1919 a Versailles di metterla al bando e di gravarla di un enorme peso di riparazioni. Ed è stato giusto, perché la Germania così è diventata una democrazia: la mano tesa dei vincitori ha aiutato le correnti politiche di ispirazione religiosa e quelle riformiste e liberali, che hanno così potuto costruire una democrazia tedesca.

 

Il limite? E qui siamo al nostro solito discorso: si sono costruite (o ricostruite) tante democrazie nazionali, in Germania come nel resto di Europa, nonostante Franco, Hitler, Mussolini, Pétain e tutti gli altri, con i francesi attaccati al principio che democrazia e stato nazionale sono indissolubili e alla nostalgia per passate grandezze.

 

Nel 1991 la Germania si è riunificata; il muro era caduto due anni prima e ancora ner 1987 Gorbaciov, nella sua impresa per medicare e trasformare l’URSS, aveva dichiarato decaduta la “dottrina Breznev”, per la quale i paesi “satelliti” (come di chiamavano qui) si erano sostanzialmente resi indipendenti dai vincoli del Patto di Varsavia e dai legami con il PCUS; la Repubblica Democratica tedesca allora si accordò con quella Federale (non ci furono ritorsioni) e così concluse la sua vicenda, con l’approvazione delle potenze occupanti.

 

Così è rinata una grande Germania, democratica, ma nazionale, la quale, con le doti di serietà e laboriosità che tutti le riconoscono, si è ricostruita una presenza forte e dinamica (anche se non priva di esposizioni, perché oggi il mondo è troppo grande anche per gli USA) e con aspirazioni, era fatale, verso oriente: la spinta verso l’est è una costante della storia tedesca dal medioevo in qua, con gli insediamenti tedeschi nelle terre orientali e sul Baltico, e poi cavallo di battaglia del più acceso nazionalismo guglielmino e Hitler poi non ne parliamo…

 

I paesi dell’Europa orientale lo hanno ovviamente sempre contrastato, ma oggi Putin lo accetta perché ha bisogno della mano tesa di Berlino per la modernizzazione della Russia e perché una Germania democratica non è quella nazista; e così un leader della socialdemocrazia tedesca diventa grande esponente di Gazprom , la compagnia russa del gas, del quale è il massimo produttore mondiale, e strumento essenziale per la politica di potenza fondata sull’energia che oggi Mosca persegue.

 

La Russia si sta ricostruendo come grande potenza nell’ambito degli “emergenti” (Cina, India, Brasile…) ed han un posto permanente nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU, un posto al quale aspira anche la Germania, ma che, significativamente, le è stato rifiutato … La Russia è parte dell’Europa e della sua storia a partire dall’Impero Bizantino, ma non ha vissuto che limitatamente l’evoluzione del cristianesimo occidentale che attraverso secoli e secoli arriva a produrre il liberalismo e la civiltà del diritto e dei diritti della persona.

 

Ora la Russia si affaccia alle nostre porte, ed occorrerebbe una forte e dinamica Europa per gestire il colosso, prima di tutto sotto il profilo della legittimazione; la Germania sa che non può essere affar suo, ma….

 

Ecco allora lo sfondo sul quale andrebbe costruito il rapporto con la Germania di oggi, l’analisi delle debolezze, il futuro da tutelare… e su questa base trattare per avviare a soluzione i problemi contingenti dell’oggi e per mettere a disposizione la potenza tedesca per costruire l’avvenire e non subirlo, sempre peggio, giorno dopo giorno.


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