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16/11/24 ore

Grillo e il suo “bizzarro” popolo


  • Roberto Granese

Fu Winston Churchill a dire che "La democrazia funziona quando le idee di pochi riescono a soddisfare i pochi che contano". Si può dire che il concetto di rappresentatività di Grillo e i suoi è perfettamente coerente con questa affermazione e, contemporaneamente, che l’esistenza dello stesso movimento stellato, al di là di considerazioni altre che trovano oltreconfine delle solide motivazioni alla stessa, è altrettanto coerente con le attitudini culturali di un popolo, quello italiano, di cui lo stesso Churchill diceva: "Bizzarro popolo gli italiani. Un giorno 45 milioni di fascisti. Il giorno successivo 45 milioni tra antifascisti e partigiani. Eppure questi 90 milioni di italiani non risultano dai censimenti..."

 

È una storia di cui abbiamo già parlato diffusamente, ma la concezione di rappresentatività dei piccoli ortotteri, in relazione con la loro sbandierata identità culturale, richiama alla mente quell’italianità arraffona, populista, stracciona e moralmente discutibile che è stata il caposaldo e il riferimento culturale inamovibile di una parte ingloriosa della nostra storia.

 

Un popolo estremamente variegato, quello dei “grillini”, che, al di là dal pur presente “provamo pure questo”, vedi spesso radicato in una concezione antipolitica e forcaiola che può essere il negativo di qualsiasi colore politico; quella concezione tipicamente italiana che ha creato le premesse dello stato totalitario.

 

Una signora pochi giorni fa mi diceva, imbracciando come un fucile il suo “io non li voto più” e sparando a zero i vari “sono tutti ladri, bisogna tutelare gli italiani… terra… sangue… pane… sicurezza… lavoro… garanzie salariali…”, che ormai tutto era chiaro e la soluzione era una: Grillo. Le ho detto che mi ricordava qualcosa quel movimento politico di cui, a detta sua, era tanto Nostalgica.

 

Torniamo alla attualizzazione della frase di Churchill: la democrazia della rete di Grillo funziona come un orologio. Una parte delle poche migliaia di iscritti ad un blog gestito dalla Casaleggio Associati decide democraticamente un indirizzo politico preciso come il tiro di un cieco a nome per conto di dieci milioni di elettori. Perfetto! I pochi (Grillo e Casaleggio) hanno soddisfatto le idee dei pochi(gli iscritti al blog votanti) e con i pochi (che contano) si sono legittimati.

 

Il giustizialismo, la semplificazione stereotipata che accarezza la beceraggine e un certo gusto settario per un’identità eroica, che diviene baluardo contro un nemico vile oltre ogni immaginazione, sono solo alcune delle altre caratteristiche tipiche di quella cultura della gogna, del cappio e del fucile che dimora in una certa destra sociale.

 

Oggi il comico in pensione dichiara, tra un epiteto e l’altro, che il condannato (Berlusconi) scortato dalla polizia è andato da un ebetino (Renzi), con il beneplacito della Presidenza della Repubblica, per fermare la variabile impazzita dei “grillini smanettatori di Computer”. Che dire: l’ipotesi di complotto si fa prepotentemente spazio insieme alla constatazione che se come comico non era un granché, come politico è tragico.

 

Cosa dirà anche oggi il nostro tragicomico all’ “italiano di riferimento”, quello che votava Berlusconi perché “ci dava un po’ di soldi pure a noi”, votava i comunisti perché voleva il salario garantito, piange e si dispera in modo altamente professionale ed è abile nell’essere sempre stato tutto ed il contrario di tutto purché la dipendenza da reddito pubblico sia soddisfatta?

 

Gli dirà esattamente quello che vuole sentire: “un reddito per tutti, dalla nascita alla morte”.

 

Così il nostro perseguitato politico, mentre molto coerentemente dichiara che “populista è un offesa”, va alla conquista dell’Europa nascondendo l’olio di ricino nell’armadio e, non pago, nell’assalto ai lobbisti Berlusconi e Debenedetti con i loro partiti al seguito, probabilmente esaltato da se stesso, dichiara lo stato di guerra per cui o sei con grillo o sei quasi un nemico del popolo italiano e aggiunge una ciliegina finale: la dichiarazione che lui non è assolutamente un leader, ma una specie di sommo garante del controllo; che se fosse stato un leader avrebbe presentato le liste proprie in Sardegna; che sono i suoi grandi professionisti che spesso sono incapaci di fare una lista e quindi di governare.

 

E se lo dice lui…

 

 


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