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16/11/24 ore

Legge elettorale proporzionale, la scelta grillina per difendere la rendita di posizione


  • Ermes Antonucci

Proporzionale o maggioritario? La consultazione online indetta da Beppe Grillo per decidere quale modello di legge elettorale presentare in Parlamento è stata, oltre che ben poco "partecipativa", soprattutto priva di senso reale.

 

Optare per l’uno o per l’altro sistema senza discutere di collegi, coalizioni, soglie di sbarramento, preferenze e di una marea di altre questioni (non ultime le riforme costituzionali), cioè sulla base della sola etichetta, è come decidere di acquistare un abito senza neanche averlo visto né provato ad indossarlo.

 

Il funzionamento del modello elettorale spagnolo costituisce, ad esempio, un caso emblematico, dal momento che, pur fondandosi su un sistema proporzionale, con le sue circoscrizioni di piccole dimensioni prevede degli effetti maggioritari indiretti (aumenta la soglia di voti da raggiungere per poter ambire a conquistare i seggi in palio). Ma di quanto sia alta la complessità della discussione sulla riforma elettorale, Grillo e i suoi paiono non esserne molto consapevoli.

 

A rappresentare un ulteriore segnale di questa impreparazione è stata la decisione di far esprimere gli iscritti al M5S attraverso un referendum, incentrato su due modelli elettorali puri – maggioritario o proporzionale –, ignorando che l’unico periodo storico in cui la politica italiana ha adottato di fatto un sistema di voto puro (proporzionale) è stato quello della vituperata Prima Repubblica, segnata dall’assenza di una reale competizione politica.

 

A sostituire un impianto elettorale da democrazia limitata furono proprio due sistemi misti, il Mattarellum prima e il Porcellum poi. Ma il vertice del movimento pentastellato questa volta ha stabilito che di sistemi misti non si dovesse parlare, presentando un sondaggio completamente astratto e, forse, proprio per questo, utile all’inclinazione padronale del duo Grillo-Casaleggio.

 

La scelta dei grillini – il modello proporzionale – rappresenta, nella pratica, una non-scelta, una dichiarazione di resa di fronte alla sfida che l’intero Paese è chiamato ad affrontare (ora più che mai, visti i risultati delle ultime elezioni) e che risponde al nome di “governabilità”. In linea con il comportamento tenuto fino ad ora dalla propria compagine parlamentare, i votanti stellati hanno chiaramente deciso di non assumersi alcuna responsabilità di cambiamento, optando per una pavida e tradizionalista difesa della propria rendita elettorale (presente e futura).

 

Il paradosso dei paradossi, insomma, se si pensa che a determinare il successo politico del M5S sia stata – e sia tuttora – proprio l’insofferenza ormai incontenibile dei cittadini italiani nei confronti della tradizionale classe politica, chiusa nel suo immobilismo e nella sua incapacità di governare.

 

La risposta dei grillini, inoltre, sembra riflettere il modo molto semplicistico con cui il problema della legge elettorale è stato trattato all’interno del Movimento. Gli input giunti dall’esperto Giannuli durante la fase di “discussione” della legge elettorale sul portale sono stati chiari e furbescamente vaghi: il maggioritario è per la governabilità, il proporzionale per la rappresentatività. Un’ennesima riduzione approssimativa della complessità del reale, che, in maniera non sorprendente dato il diffuso malcontento popolare contro i “nominati” delle segreterie dei partiti, ha indotto gli attivisti pentastellati a sacrificare un ipotetico incremento di stabilità politica in favore di una maggiore astratta rappresentatività.

 

Tutto ciò, per di più, accade proprio in un paese che, essendo privo un imprinting politico-culturale condiviso di stampo liberale, conosce sollevazioni antipolitiche e grida di indignazione ogni qualvolta si presenti la prospettiva inevitabile di un compromesso tra le parti politiche. Da una parte, quindi, si evoca in maniera perenne lo spettro delle larghe intese e dell’inciucio, dall’altra si decide di imboccare una strada proporzionalista che non farebbe altro che rendere ancor più probabile la necessità di un avvicinamento reciproco tra i partiti.

 

Sorprende, infine, che nel lanciare il tema della legge elettorale, Grillo dimentichi le risposte che la sbandierata società civile (che egli sostiene di voler rappresentare) ha già avuto modo di fornire in passato. Il messaggio che gli italiani diedero nel referendum del 1993 in favore di una svolta maggioritaria, infatti, pare oggi non interessare molto il blogger genovese, solitamente così attento alle esperienze referendarie di democrazia diretta, a partire dal referendum sull’abrogazione del finanziamento pubblico ai partiti.

 

 


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