La nuova parola chiave anti-casta è Rimborsopoli e il lemma derivato è peculato, in virtù del quale “il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che, avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di denaro o di altra cosa mobile altrui, se ne appropria...”.
In queste ore è tutto un pullulare di notizie di reato. Dalla Regione Piemonte alla Regione Sicilia, da Nord e Sud fioccano gli indagati: politici che nell’esercizio delle loro funzioni avrebbero abusato dei soldi del finanziamento pubblico destinato ai gruppi parlamentari regionali. Carte e scartoffie si affastellano così in procura: scontrini e pezze d’appoggio per acquisti e "spese pazze" che nulla avrebbero a che fare con l’attività politica.
In Piemonte, il Governatore leghista Cota, già alle prese con un voto dichiarato nullo dal Tar, è indagato insieme a circa 40 consiglieri regionali. Sul suo conto hanno fatto notizia acquisti, a spese del gruppo, di mutande verdi. In Sicilia - più viziosi - si conterebbe invece il numero di cravatte, oggetti griffati e gioielli acquistati e messi sul conto di Pantalone da un gran numero di deputati regionali .
Insomma, ce n’è abbastanza per alimentare il sentimento di antipolitica, puntando su uno degli aspetti a latere alla distorsione del sistema di finanziamento pubblico alla politica, emersi già con fragore un paio di anni fa alla Regione Lazio con il caso di er Batman, che affossò la giunta Polverini.
E si fa presto allora a concludere che in fondo la lezione non è servita: così facevano tutti, così fan tutti, in spregio anche al difficile momento che vive il paese. In questi casi è quindi facile cedere alle generalizzazioni qualunquistiche confondendo i piani. Del resto, al di là degli eccessi folcloristici legati al dubbio gusto di qualcuno nello scegliere il colore dell’abbigliamento intimo, il confine che distingue le spese necessarie allo svolgimento dell’attività politica è spesso labile e non facilmente individuabile.
Intanto, il gioco al massacro parte e tutti, senza distinzione, vengono lanciati nel calderone del malaffare all’insegna del mors tua vita mea, in una battaglia tutta interna alle elite di potere. Nulla a che vedere con quel moto di rivoluzione delle coscienze che qualcuno vorrebbe far credere sia in atto.
Così, da un lato non viene risolta la questione del finanziamento alla politica e delle sue degenerazioni (siamo passati dal finanziamento pubblico ai partiti, bocciato dal referendum, al rimborso elettorale ai gruppi parlamentari, al rimborso spese ai gruppi consiliari regionali, senza contare i costi parassitari nella pubblica amministrazione da parte del regime partitocratico), dall’altro si cavalcano campagne giudiziarie a comando, con successiva criminalizzazione, nelle quali il ruolo ambiguo e al servizio di del cosiddetto Quarto potere diventa decisivo.
A tal proposito vengono in mente, tanto per fare un esempio illustre, gli abusi di Antonio Di Pietro sulla sua gestione personale e familistica di Italia dei valori che, già noti e documentati anni fa, anche attraverso libri e inchieste volutamente ignorati, sono tornati molto dopo d’attualità, grazie a una minestra riscaldata dal Team di Report guidato dalla brava ed emblema di un giornalismo di denuncia a tempo, Gabanelli. Per l’ex eroe di Mani pulite suonò così la campana dell’ultimo giro…
Avanti con i prossimi!
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