La manifestazione di sabato scorso in piazza del Popolo a Roma non ha portato sostanziali novità, anzi ha pienamente confermato il fatto che la sinistra più sinistra è schierata su posizioni decisamente conservatrici, che si attestano sulla sostanziale difesa della costituzione così come essa è (o meglio come viene interpretata) e con la disponibilità a confinare la spinta riformatrice ad alcune revisioni, che non avrebbero alcuna incidenza sul problema di fondo.
In Piazza del Popolo (che già nel suo stesso nome contiene un equivoco, perché esso deriva dal fatto che in mezzo c’era un pioppo, in latino populus, ma al femminile) si è persino proclamata la necessità di non fare le cose troppo in fretta, perché, evidentemente, quarant’anni persi in chiacchere e commissioni sembrano pochi…
In realtà il problema dell’Italia e delle istituzioni del nostro paese resta quello di assicurare adeguati spazi di governabilità, che sono poi quelli che garantiscono anche la stessa rappresentatività: una considerazione che potrà sembrare una contraddizione bell’e buona in un paese come il nostro nel quale i due aspetti sono considerati in netta opposizione: il governo forte sopprime la rappresentatività, garantita dal parlamento, come è avvenuto ai tempi del fascismo.
Il fatto è però che ci sono alcuni passaggi che non possono essere trascurati: la costituzione italiana del 1948 il problema della rafforzamento della governabilità se lo era posto, costruendo la figura preminente del premier e i poteri del Presidente della Repubblica, mentre nel corso dei decenni successivi si è costruita la Repubblica dei partiti, nelle cui mani è concentrato tutto il potere, compreso quello di far eleggere i deputati e i senatori: il porcellum ne rappresenta soltanto un perfezionamento, ma anche senza di esso i partiti facevano e disfacevano le liste e disponevano dei mezzi per far eleggere i candidati desiderabili e poi per governare gli eletti oltre che, naturalmente, i governanti, fantocci nelle mani di Botteghe oscure e di Piazza del Gesù.
Che quindi oggi si tenda a ridurre tutto il problema alla sostituzione del porcellum è un’altra prova che si cerca in tutti i modi di non voler dar mano a vere riforme. Ci vuole del coraggio per sostenere che questa sia la strada per costruire una vera rappresentatività! Anche perché poi l’articolo della costituzione che garantiva agli eletti l’esercizio delle funzioni senza vincolo di mandato è stato ignorato fino al punto che in qualche rara occasione in cui il parlamentare proprio non se la sentiva di seguire le direttive del partito (come in materia di diritti umani) allora faceva una domandina al partito per chiedere l’autorizzazione a votare secondo coscienza!
E tutto questo a non voler parlare della soppressione delle garanzie politiche in applicazione del principio della divisione dei poteri, per la quale il potere politico non può essere sottoposto a quello giudiziario. Che poi – a ben vedere - rappresenta anche il principio della fine dell’autonomia della magistratura, perché nel momento stesso in cui essa viene investita della supplenza di mansioni che sono squisitamente politiche, come del potere di mandare in pensione un leader politico, per forza di cosa essa viene poi giudicata dai comuni cittadini con metri politici.
È la storia d’Italia dal 1945 in poi, imperniata sulla collusione tacita, ma non per questo meno profonda, tra la DC e il PCI, dal dialogo con i cattolici di Palmiro Togliatti al compromesso storico di Enrico Berlinguer. Dietro questo pateracchio il primo atto è stato l’inserimento nella Costituzione più bella del mondo del Concordato tra lo Stato italiano di Mussolini e la Chiesa cattolica di Pio XI, che ristabiliva il potere temporale dei papi, contro il quale oggi si ribella la stessa Chiesa, visto che un Sacro collegio che rappresenta le chiese cattoliche di tutto il mondo ha eletto un papa che nel potere temporale vede proprio il simbolo del male.
Leggiamola la costituzione: c’è un pizzico di tutto. Tradizioni socialiste, pensiero liberale, cattolicesimo sociale, superamento del nazionalismo, un certo slancio pacifista…tutto mischiato senza principi e strumenti di mediazione. Il multiculturalismo è veramente l’ispirazione della nostra carta fondamentale, che lo ha anticipato di parecchi decenni prima che diventasse una formula dominante a livello mondiale.
Cioè, la parte prima della costituzione è la prima che deve essere sottoposta a giudizio; altrimenti le modifiche, che tutte le forze politiche ammettono di essere pronte a introdurre nella costituzione, daranno sempre luogo sempre al solito miscuglio degli azzeccagarbugli e alle interpretazioni più variegate e strampalate. E, priva di veri governi l’Italia, resterà sempre ai margini e scoperta nel concerto delle nazioni europee.
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