Con la vittoria dei moderati in Iran è possibile che lo scenario mediorientale si metta in movimento. Si tratta ovviamente soltanto di una possibilità, molto condizionata, ma da non scartare del tutto. I principali attori della zona - Turchia, Iran e Siria - presentano tutti degli aspetti problematici.
La Turchia sta vivendo una fase complessa, con Erdogan che si trova alle prese da un lato con la rivolta interna della gioventù democratica e dall’altro con l’intervento russo in appoggio di Bashar Al Assad, che ne mette in forse il ruolo che aveva cercato di costruirsi, grazie all’imbecillità dell’Europa che ne ha sempre rifiutato l’ingresso nell’Unione o quanto meno una forma di associazione privilegiata.
Sui problemi interni della Siria non è neanche il caso di soffermarsi, tanto essi sono gravi; piuttosto la ripresa di Assad grazie all’appoggio iraniano sul terreno, tramite Hezbollah, e di quello russo al livello strategico (la fornitura russa di missili antimissile e di tecnici indispensabili mette in forse la creazione di una no fly zone, probabilmente assicurata con la copertura ONU) riduce di molto l’importanza dell’appoggio che Erdogan forniva alla rivolta.
E quanto all’Iran è possibile che la speranza di atteggiamenti più concilianti possa non restare del tutto delusa. Gli iraniani sono tutti favorevoli al programma atomico, annunciato come pacifico, ma in corso di realizzazione con modalità che possono aprire la strada alla costruzione di ordigni atomici.
Ora, al riguardo, le difficili condizioni economiche dell’Iran possono lasciar intravedere spiragli per un accordo che, come primo obiettivo, abbia quello di tranquillizzare Israele. Gli Stati Uniti nella politica di Obama possono aver trovato motivo di soddisfazione, perché con la presenza russa in posizione dominante, la seconda conferenza di pace di Ginevra potrebbe uscire dallo stato comatoso in cui era rimasta la prima dello scorso anno.
Appunto: con la posizione forte della Russia, che, con tutta evidenza, Putin non mancherà di valorizzare. Gli Stati Uniti continueranno a correre dietro alle fantomatiche armi di distruzione di massa, invece di assumersi le loro responsabilità e di persistere in un atteggiamento che lascia spazio per un nuovo insediamento russo (cui l’atteggiamento tedesco continua a dar fiato) in una zona vitale per il domani?
E l’Europa, come al solito, starà ai margini, con la Russia che vorrà assicurarsi una posizione di rilievo nello scacchiere, sostituendosi al ruolo che Erdogan aveva cercato di assicurare al suo paese (sia pur pagando il prezzo da pagare con l’avvicinamento al mondo musulmano, che ha imposto condizioni che hanno scatenato la rivolta interna).
Con il mancato ingresso della Turchia nell’Unione, L’Europa si è privata dell’unica carta di pace che poteva giocare nella zona, di pace attiva, sostenuta dall’avere in mano carte da giocare.
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