Dopo che Romano Prodi si è fermato a 395 voti (anziché i 504 necessari per l’elezione a Presidente della Repubblica), qualcuno fra i commentatori e anche nel PD (come Roberto Giachetti) torna a parlare di una riconferma di Napolitano. Ovviamente l’ipotesi è solo di scuola, perché il Capo dello Stato ha più volte negato di essere disponibile a un reincarico, seppure temporaneo e utile a favorire una decantazione. Eppure, a ben vedere, Napolitano aveva in qualche modo segnalato un percorso e anche dei nomi, che potevano raccogliere il suo testimone.
Con la nomina della commissione dei saggi, apparsa a tutti come un’anomalia istituzionale se non addirittura pretestuosa, Napolitano aveva indicato la strada di un confronto a tre fra PD, PDL e Scelta civica. Inoltre, non pochi avevano ritenuto che proprio fra i nomi selezionati dal Quirinale c’erano i possibili candidati per la successione.
Fra i componenti della commissione sulle riforme istituzionali, vi erano tre esponenti politici e un magistrato costituzionale, Valerio Onida (incorso nell’infortunio della telefonata con la finta Margherita Hack, nella trasmissione «La Zanzara»). Assieme all’esponente montiano Mario Mauro e al senatore del PDL Quagliarello, figurava Luciano Violante del PD. Forse che l’ex presidente della Camera non incarnerebbe oggi la più aderente continuità al mandato di Napolitano? Un messaggio chiaro, che la dirigenza del PD non ha raccolto.
Il PD è così lacerato fra il subire lo scouting del Movimento 5 stelle (e vendoliani), da un lato, e – dall’altro – ritrovarsi a votare una controfigura “tecnica” come il ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri. Fosse stato solo più attento ai suggerimenti del Colle, poteva trovare in Violante il candidato capace di raccogliere consensi.
Primo coordinatore delle inchieste che hanno smantellato la Prima Repubblica e quindi certamente non imputabile di alcunché agli occhi del nuovismo montante; figura istituzionale di rilievo della seconda Repubblica; capace di riconsiderare gli eccessi di una stagione e di sviluppare un esame critico di molti fenomeni, compresi quelli deleteri intervenuti all’interno di una magistratura che tende ad auto-screditarsi. Tutti fattori che potevano far convogliare su Violante apprezzamenti da tutti gli schieramenti in Parlamento.
Prima di parlare, sarebbe stato meglio saper ascoltare. Per i dirigenti del PD, non averlo fatto ha comportato l’esito che sappiamo.
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