Più volte, in queste ore, ricorre la parola psicodramma a proposito di ciò che accade nel Pd. Non crediamo si tratti solo di ironia giornalistica, però.
Il motivo di fondo di tale modo di vivere una vicenda traumatica risiede, neanche a dirlo, nell’aver eluso la questione liberale. Da un lato i vecchi copioni ideologici, sempre più sbiaditi negli ultimi decenni, non sono ormai, in molti casi, neppure un ricordo.
Dall’altro, oggettivamente, il Paese attraversa una fase drammatica. Non avendo acquisito l’approccio liberale alle cose – il liberalismo, come noto, è soprattutto un metodo – gran parte del mondo dem (e degli altri soggetti in campo) vive ciò senza riuscire a mettere a fuoco i nodi essenziali, senza comprendere davvero. Restano la paura di dover abbandonare la scena, le tensioni e i risentimenti accumulati, le ambivalenze, i conflitti intra e interpersonali più o meno sotterranei, più o meno rimossi o negati.
Uscirne ora non è facile; appellarsi ai buoni sentimenti non basta. Né è forse sufficiente un vago “senso di responsabilità”. Gli ingredienti essenziali? L’onestà intellettuale e l’intelligenza dei fatti. E così, pian piano, i limiti potranno divenire punti di forza, sui quali far leva per provare ad affrontare le contraddizioni che ci tormentano. Senza timore del conflitto, ma anche senza doverlo rappresentare (solo) in forma di psicodramma.
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