Al termine della tornata elettorale, anziché svolgere il solito temino sulle alleanze possibili, preferiamo dedicare qualche riflessione su un problema di cultura politica che riguarda tutte le forze in campo, comprese le nuove affacciatesi con lo tsunami di Beppe Grillo. Qual è questo problema? In sintesi è il seguente: tutti gli schieramenti si riferiscono a modelli appartenenti a tempi superati, non corrispondenti alla realtà che viviamo.
Il centro-sinistra, a cominciare dal PD, è legato agli anni Settanta: il suo riferimento è il consociativismo catto-comunista espresso dal “compromesso storico”. Sul piano economico-sociale si mantiene ancorato alla difesa testarda di un modello di welfare che ha generato più danni che vantaggi alla società italiana, rappresenta un blocco sindacal-burocratico-corporativo restio a mettersi in discussione. Roba di quarant’anni fa, che è impensabile poter continuare a spacciare sul mercato dell’Italia del 2013.
Uguale sfasatura temporale si può riconoscere nel centro-destra berlusconiano. Anziché agli anni Settanta, il faro cui guarda nella sua navigazione avventurosa è il decennio reaganiano, centrato sulla contestazione dello Stato invasivo e dei suoi gravami fiscali che ostacolano il laissez faire della libera iniziativa.
Si dà il caso che, nella situazione data, anche questa ipotesi progettuale risulta poco aderente alle necessità reali. Se è vero che l’Italia non ha avuto la rivoluzione liberale degli anni Ottanta, vissuta negli Stati Uniti a dominanza repubblicana o nella Gran Bretagna thatcheriana, è anche vero che al centro-destra italiano sono mancate le carte in regola per provare a realizzarla davvero, pronto com’era ad ascoltare i mille corporativismi del Paese.
E in ogni caso, c’è da interrogarsi se oggi quella strategia sia idonea a risolvere i problemi che viviamo in questa fase della globalizzazione.
Venendo, infine, al Movimento 5 stelle ha colpito nella manifestazione di Piazza San Giovanni l’intervento di Casaleggio, che ha citato lo slogan sessantottino della “fantasia al potere”. Appare strano questo rinvio così indietro nel tempo, per un movimento che è forse la più diretta espressione delle innovazioni intervenute nell’ultimo decennio.
Che dire? Purtroppo, il ’68 in Italia lasciò presto la connotazione del “movimento creativo” per assumere i contorni mesti e autoritari dei gruppi settari. Fra un anatema e l’altro verso i dissidenti, il movimento di Grillo oggi oscilla fra esaltazioni pauperistiche di matrice neo-realista (“L’abbiamo trovata questa via – dice Grillo a San Giovanni - e ci porta verso il futuro, un futuro forse più povero, ma vero, concreto, solidale e felice”), dove ai condomini si prospetta una pedalata in sala macchine per azionare la caldaia del riscaldamento, e scenari “scandinavi” con lo Stato (sempre lui, lo Stato mamma e papà) che interviene sempre nella nostra vita. Un Eden da cui volentieri ci teniamo fuori.
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