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16/11/24 ore

Bersani vs Monti vs Vendola, a sinistra la solita manfrina subalterna


  • Giuseppe Rippa

La scenografia è miseramente la stessa. Il centrodestra gioca la disperata carta Berlusconi che, oramai prossimo alla pensione dopo un ventennio di disastri come uomo di governo, si è trovato di nuovo al centro della squallida geografia politica italiana, non solo con i suoi mezzi economici e le sue smargiassate, ma grazie alle sprovvedutezze di una sinistra subalterna e ripetitiva nei suoi errori.

 

Ora siamo al punto in cui da un successo sicuro si è passati ad un successo probabile, ma con l’obbligo di sottomissione ad un centro parassitario e ai tecnocrati della finanziarizzazione mondiale.

 

È uno schema squallido e logorante, che non trova sbocchi alternativi credibili essendo gli unici antagonismi in campo quelli che si muovono su un terreno palesemente ribellistico e poujadista, votato a denigrare e a far credere che l’unica risposta può venire dalla “saggezza” dell’uomo della strada.

 

A loro modo Grillo e Ingroia sono sulla medesima sponda e sono il prodotto di una sinistra che, non avendo risolto al suo interno la questione liberale, deve barcamenarsi tra una “legittimazione” che non si sa perché dovrebbe essergli fornita dai tecnocrati, e un suo baluardo interno che vede nel partito di Vendola il puntello per non essere consumato soprattutto dalle sinistre storicamente prima extraparlamentari, poi assistite e ora giustizialiste e sotto la tutela dei pubblici ministeri.

 

Gli altri attori praticamente non esistono. I radicali, dopo una legislatura catastrofica come delegazione eletta nelle liste Pd, sono oggi fuori gioco (ma di questo occorrerà soffermarsi in altra sede). Tutto il resto delle frattaglie sono o prive di possibilità di successo e di rappresentanza parlamentare, oppure sono a copertura dei due schieramenti maggiori, praticamente portapacchi dei patetici equilibri esistenti.

 

C’è chi si arrischia a ventilare ipotesi di nuove grandi coalizioni, praticamente un Monti-bis post voto, che sarebbe la fine del Partito democratico, oppure un Pd che dispensa poltrone e poltroncine (le ultime ora registrano Monti presidente del Senato, come seconda carica, sempre che non si formano condizioni – improbabili – di portarlo al Quirinale).

 

Vendola è un topo nella gabbietta …. Ingroia, i Pm del suo schieramento e tutti i vecchi arnesi della sinistra marxista inguattati nella “Rivoluzione Civile”  - subito dopo il voto, se beccheranno il 4%, daranno vita alla prima deflagrazione con ognuno per i fatti suoi. Ma forse è proprio questa un’altra speranza di Bersani, la nascita di qualche nucleo senza capo ne coda che può supportare la possibile fragile maggioranza di un suo ipotetico governo. Insomma un Prodi-bis, modello 2006 molto ma molto più debole politicamente e istituzionalmente.

 

Le “bombe carta” di Vendola contro i centristi sono un gioco della parti e una necessità per non vedersi squagliare al sole il magro gruzzoletto che Bersani gli ha promesso …

 

Non mancano macchiette di vario tipo. I socialisti di Nencini ad esempio, che grazie alla loro “lucida” analisi, sono più un problema che un aiuto per la traballante nuova maggioranza. Non toglieranno un voto a quello che resta – nella mente più che nei fatti – al pianeta post-craxiano, che ha in testa una sola cosa, l’odio nei confronti degli eredi di coloro che li avrebbero assassinati: i post-comunisti e le loro folkloristiche bande musicali di cattolici in estinzione e di insalate miste di finti laici.

 

All’orizzonte una precarietà sicura e un nodo che resta irrisolto: l’impossibilità di dare voce a quell’universo liberale che non riesce ad emergere perché a sinistra non si vuole fare i conti con la propria storia, mentre il cattolicesimo politico continua a coltivare il suo populismo di potere …


 

 


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