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16/11/24 ore

La “questione liberale”: l’affanno del PD e gli errori dei radicali


  • Luigi O. Rintallo

 

Nel suo intervento sul sito «The Front Page», Claudio Velardi ha evidenziato come il PD sia passato dal voto utile al voto necessario, ricorrendo ancora una volta all’armamentario dell’anti-berlusconismo per imprimere il segno decisivo a una campagna elettorale giocata di rimessa.

 

Ha atteso trepidante l’uscita a effetto di Berlusconi, quasi più degli stessi militanti del PDL e poi ha chiamato alla “mobilitazione generale”. All’obiezione che, si sa, la sinistra non sa comunicare mentre il Cav. sarebbe un maestro imbonitore, Velardi ribatte: “La comunicazione non c’entra niente. E’ una scusa del cazzo. […]qualunque fruttivendolo, di fronte all’annunciato arrivo sulla piazza di un aggressivo competitor, si sarebbe attrezzato per tempo. Domenica alle 12 esporrai il tuo nuovo banchetto? Perfetto. Alle 11.30 salgo sul Colosseo e espongo la mia, di merce. […] No, non è incapacità comunicativa. E’ che bisogna averla a disposizione, la merce. Fresca. Buona. Presentabile”.

 

Ecco, il problema è quello: manca la merce. E la merce, in questo caso, si chiama “questione liberale”: vale a dire, sino a quando il PD – come si va scrivendo da tempo in questa Agenzia e sulla rivista «Quaderni Radicali» - non l’affronterà seriamente e non ne farà il punto qualificante della sua politica, mancherà l’obiettivo strategico di dar corpo a una sinistra di governo moderna e realmente innovatrice.

 

Va aggiunto un corollario. I radicali, sottoscrivendo il patto di legislatura nel 2008 in cambio dei nove parlamentari, non sono stati in grado in questi cinque anni di stringere il PD su questo che è il tema decisivo, per il centro-sinistra e l’Italia tutta. Di fatto, la legislatura è passata senza che né in Parlamento, né altrove si sia stati capaci di essere efficaci e incisivi proprio su questa questione.

 

Abbiamo assistito ad una costante e infruttuosa azione di frattura-accordo (si pensi alla intelligente e “imposta” candidatura della Bonino alla regione Lazio, boicottata poi dal Pd, all’autoesclusione dai lavori dei gruppi parlamentari …) assumendo un atteggiamento incomprensibile, essendo da decenni noto che il Pci-Pds-Ds e poi Pd ha da sempre mirato ad “annullare” ogni componente laica, liberale, socialista, libertaria, radicale dallo scenario politico italiano e che il tema politico per i radicali dopo il 2008 era quello di incalzare il partito democratico proprio su tutta la frontiera della “questione liberale” (diritti civili, economia, istituzione, politica estera …).

 

Lo smarrimento di questa linea politica, dura e drammatica ma inevitabile dopo l’accordo del 2008, non è che fra le ultime cause dell’odierna eclissi presso gli elettori italiani della vicenda radicale.


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