Circa una settimana fa ci si chiedeva se alla fine avrebbe pagato ancora una volta Pantalone. Per ora sì, con i 600 milioni messi sul tappeto dal governo. Lo hanno chiamato prestito ponte. Un ponte per chissà dove, che intanto consentirà – ci dicono - di prendere quel tempo necessario alla terna di commissari appena nominati per trovare una soluzione.
Il ministro Calenda ha ribadito la priorità: trovare chi «si compri l’insieme dell’azienda in un contesto in cui si cerchi di rilanciarla», mentre si esclude la nazionalizzazione, che tuttavia aleggia sullo sfondo di una lunga stagione di campagna elettorale che potrebbe rendere ancor più difficile fare – come sottolinea Giavazzi sul 'Corriere della Sera' – “quello che alla politica e ai governi non è mai piaciuto: dire la verità”.
Vale a dire che – dopo una lunga stagione di sprechi, occasioni mancate, scelte e strategie industriali fallimentari e contro ogni logica di mercato - “Alitalia è al capolinea”, per cui “proteggiamo i 12mila dipendenti trattandoli come trattiamo quelli di tante altre imprese che purtroppo falliscono: non peggio, ma neppure meglio….
I tre commissari facciano, insomma, “quello che devono. E il più velocemente possibile; liquidazione o vendita che sia”. Perché – dice bene ancora Giavazzi – dopo i 7,4 miliardi già pagati dai contribuenti oggi, a cui si aggiungono questi ultimi 600 milioni, “non vorremmo trovarci fra qualche mese a discutere di una addizionale Alitalia”. (A.M.)
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