Per i 2 anni di Governo Matteo Renzi ha deciso di dare i numeri. Lo ha fatto da par suo attraverso il medium che predilige, il social network, e con lo strumento che è più congeniale alla sua mirabile narrazione: la slide. Per la precisione 25, nelle quali viene snocciolata in numeri la cavalcata trionfale delle prime due stagioni a Palazzo Chigi. Il metodo è quello del confronto: ieri male, oggi bene o meglio. Questa almeno è l’opinione, come è logico che sia quando si tratta della matematica dei numeri in politica, per giunta scelti ad hoc, senza troppe spiegazioni ma tanti slogan.
Ma il giochino del Premier è ormai noto e non attacca più di tanto, come dimostrato dalla scarsa efficacia mediatica dei fumetti con i Gufi presentati nella conferenza stampa di fine 2015. Questo perché la realtà è più complessa e non basta più per incantare la sintesi edulcorata di opinabili cifre sul prima e il dopo la cura.
Proprio per questo nel nuovo numero di Quaderni Radicali si è cercato invece di andare a fondo delle problematiche inerenti all’azione di questo Governo, non necessariamente per il piacere della critica negativa a prescindere, ma per provare a capirci di più, offrendo al lettore un contributo all’analisi, attraverso la proposizioni di punti di vista diversi e incrociati.
E a proposito di numeri, e quindi di economia, nell’intervista a OSCAR GIANNINO, giornalista e analista economico attualmente in forza a Radio24 e collaboratore de “Il Messaggero”, si offre una “versione” dei fatti dalla quale emerge una chiave di lettura che può aiutare a chiarire i termini della questione relativi alle scelte di Politica economica, partendo da un’analisi di contesto e dalla seguente “considerazione: il regalo che fece Napolitano a Renzi (che dal canto suo aveva in mente un altro ministro dell’Economia), fu obbligarlo a nominare Pier Carlo Padoan. Questi, oltre a garantire fino a questo momento un’autorevolezza, un prestigio, una credibilità in tutte le sedi (Bruxelles, Washington, Berlino, Francoforte con la Bce) che nessun altro esponente del Pd avrebbe potuto sognare, è l’artefice della svolta di politica economica di questo Governo rispetto ai predecessori di destra e di sinistra della seconda Repubblica”, che si fonda sulle premesse teoriche della cosiddetta teoria della “stagnazione secolare” – “rilanciata da un po’ di anni a questa parte da alcuni autorevoli economisti americani, come Larry Summers e, seppur con angolature diverse, Paul Krugman −, che si rifà alla formula creata negli anni 30 dall’economista americano Alvin Hansen, secondo cui la crisi del ’29 aveva a che fare con fattori strutturali e non era affatto dovuta a errori nella politica monetaria e nella regolazione dei mercati”.
Su questa base – afferma Giannino - “sono stati strutturati i Def di questo governo; e la prima Finanziaria dovuta interamente ad esso, quella del 2015 per il 2016…Per cui: il tetto di deficit si alza rispetto alla promessa dell’obiettivo a medio termine contratto con l’Europa; quest’ultimo non solo non si rispetta, ma si nega che sia una regola europea, mentre l’unica regola a cui si fa riferimento è il 3% nel rapporto debito/Pil e su questa si polemizza per rimarcare che l’Italia sta sotto il 3% mentre altri sforano. Per contro si dà un’interpretazione fai da te dell’applicazione delle clausole di flessibilità (che sono il derivato di come l’UE ha vissuto la crisi dal 2011 in poi), adottando cioè regole flessibili per il perseguimento dell’obiettivo a medio termine… Quindi si dice che il debito pubblico italiano per il 2016 comunque scenderà, malgrado il deficit buchi l’obiettivo a medio termine. E questo – spiegano le note tecniche a corredo della legge di stabilità – grazie alla componente nominale del Pil, cioè l’inflazione 2016, stimata almeno all’1%”….
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