Ripresa sì-ripresa no. Se si vuole dare una risposta alla domanda, non paga di questi tempi seguire passo dopo passo i dati snocciolati sui vari fronti dell’economia, perché l’uno sembra andare in controtendenza rispetto all’altro, prestandosi alle più svariate e strumentali interpretazioni a uso e consumo della polemichetta politica quotidiana.
Ieri dal Governo si decantavano, infatti, i numeri sui nuovi contratti a tempo indeterminato (circa 79mila) stipulati nei primi due mesi del nuovo anno. Tutto merito del Jobs act (attivo però solo da marzo), a detta di Renzi; merito degli sgravi introdotti nella leggi di stabilità a Dicembre, si ribatteva da più parti; merito di nessuno, secondo Landini che, troppo impegnato a urlare in televisione, ignorava le agevolazioni introdotte per i nuovi assunti a tempo indeterminato da gennaio.
A ogni buon conto, neanche il tempo di gioire per l’inversione di tendenza nell’asfittico quadro del mercato del lavoro a vantaggio della stabilità del rapporto lavorativo, ed ecco arrivare la doccia fredda dell’Istat, che conferma quanto la crescita dell’utilizzo di una tipologia contrattuale non voglia dire necessariamente più occupati.
Secondo gli ultimi rilevamenti la disoccupazione è infatti cresciuta. Poco roba in verità, comunque quanto basta ai cosiddetti “gufi” per soffiare sul fuoco – direbbe Renzi, iettatorio - del pessimismo. Nel dettaglio, come riferisce il Sole24ore, "il tasso di disoccupazione a febbraio è risalito al 12,7%, un aumento di 0,1 punti percentuali sul mese precedente e di 0,2 su base annua. I disoccupati sono aumentati di 23mila unità su mese. Si interrompe così il calo registrato a dicembre e gennaio. Nei dodici mesi a febbraio il numero di disoccupati è cresciuto del 2,1%."
Come non detto, dunque; in attesa dei prossimi dati su cui opinare, dibattere e magari farci una bella campagna elettorale, estrapolandoli dal contesto. (A.M.)
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