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16/11/24 ore

Il Def di Renzi, “è il momento delle decisioni…” rinviate!


  • Ermes Antonucci

"Da quando siamo al governo l'operazione costante è di riduzione delle tasse" ha rivendicato il premier Matteo Renzi ieri alla presentazione delle linee guida del Def (Documento di economia e finanza). Non dice la verità, con evidenza, sapendo di non dirla: soli cinque giorni fa, infatti, l’Istat ha reso noto che l'aumento - questo sì "costante" - della pressione fiscale non accenna a fermarsi, essendo stata questa nel quarto trimestre 2014 pari al 50,3%, in progresso di 0,1 punti percentuali rispetto allo stesso trimestre del 2013 (50,2%). Non solo. E' in aumento, secondo l’istituto di statistica, anche il rapporto tra deficit e Pil, che come già annunciato dall’esecutivo nel 2014 è stato pari al 3%, in aumento di 0,1 punti percentuali rispetto a quello del 2013.

 

Insomma, a dispetto dei proclami, tasse e spesa pubblica continuano a crescere a tassi sempre più insostenibili. E' per questo che appaiono a dir poco sorprendenti le parole pronunciate ieri dal premier alla presentazione del principale documento sulla programmazione economica e finanziaria del Paese. Renzi, infatti, non ha solo rivendicato una riduzione delle tasse che, nei fatti, non c'è, ma ha anche annunciato fieramente che nel 2015 "non ci saranno tagli": "Capisco che non ci siate abituati, ma è così".

 

In realtà a questa strabiliante ricetta economica, che ignora la gigantesca spesa pubblica ed aumenta, per forza di cose, la tassazione, ci si è abituati un bel po' negli ultimi anni, e non basta, come fa il premier, ammettere quasi con fastidio che "c'è bisogno che la macchina pubblica dimagrisca un po'".

 

A parte contornare questa affermazione col solito populismo d'occasione ("Se i sacrifici li fanno i politici o salta qualche poltrona nei consigli di amministrazione, male non fa"), in tema di revisione della spesa pubblica il governo Renzi risulta, come del resto tutti i suoi predecessori, colpevolmente immobile. La lista dei "revisori" si allunga di anno in anno (dopo l'addio polemico di Carlo Cottarelli, ora tocca al tandem Yoram Gugteld-Roberto Perotti), ma nonostante ciò prosegue la tradizione di inserire nel Def risparmi che puntualmente non verranno mai effettuati (questa volta si tratta di "10 miliardi").

 

Nel frattempo che dalla cabina della spending review giungano segnali degni di nota, la strategia allora è quella solita delle tre carte, consistente nella riduzione dei trasferimenti agli enti locali, con conseguente incremento del prelievo fiscale da parte di quest'ultimi, che (eludendo l'eterna esigenza di un taglio delle spese inutili e di un ridimensionamento dell'elefantiaco apparato delle partecipate pubbliche) pur dovranno sopravvivere.

 

Se comuni e regioni fanno orecchie da mercante, da notare è che l'azione del governo sembra essere caratterizzata, nel concreto, dalla solita timidezza. Nella legge di Stabilità del 2014 è stato introdotto l'obbligo per gli enti locali di presentare entro il 31 marzo scorso un piano di razionalizzazione per la riduzione delle partecipate, da realizzare entro il 31 dicembre 2015. Peccato che la legge non preveda sanzioni per gli enti inadempienti, e dunque è probabile attendersi i soliti italiani ritardi su ritardi.

 

La strada percorsa da Renzi, in definitiva, è quella basata sull'immobilismo: non si taglia la spesa pubblica, che invece aumenta, e si scarica agli enti locali la responsabilità di far fronte a tale spesa, con un incremento della tassazione. Tutto ciò nella speranza che a trainare il Paese sia il contesto economico internazionale, che ora appare sì favorevole, ma non è detto che lo sia per sempre.

 

 


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