La verità forse sta davvero sempre nel mezzo e il troppo stroppia. Questo più che mai vale per la NON scienza dell’Economia, che quest’anno ha fatto venir meno nell’opinione pubblica non addetta ai lavori antiche e consolidate convinzioni.
A partire dall’inflazione: spauracchio da tenere sempre a bada, sulla cui pericolosità l’Europa ha costruito l’impianto dell’Unione. Poi, però, un bel giorno si scopre che vedere supersconti diffusi al supermercato svuota di meno le tasche nel breve, ma può essere un segnale di cattiva salute economica. Si chiama deflazione, l’altra faccia della medaglia: calano i prezzi perché il denaro non circola, diretta conseguenza della recessione.
Stessa cosa per il petrolio: siamo stati abituati all’idea che il prezzo del barile elevato sia una vera iattura, soprattutto per i paesi dipendenti energeticamente come l’Italia. Basti ricordare la crisi petrolifera degli anni settanta del 900 e la relativa austerity. Poi, però, si scopre che se il prezzo del petrolio cala troppo vuol dire che l’economia non tira: il mondo consuma e produce di meno, ha quindi meno bisogno di fonti energetiche. Se a questo si aggiunge la trovata dello shell gas che ha reso la prima economia mondiale pressoché autosufficiente, et voilà, l'offerta è maggiore della domanda e il prezzo non è più quello giusto.
La cosa certo avvantaggia chi importa energia (a meno che tu non abbia il sistema di tassazione italiano sulle accise o il debito pubblico mostruoso che ti impedisce di approfittare della congiuntura); per contro svantaggia chi invece vive e prospera esportando idrocarburi. Come la Russia, messa sotto scacco dal crollo del prezzo del barile senza precedenti, al quale si uniscono le sanzioni economiche imposte da molti paesi dopo le vicende in Ucraina.
Il risultato di tutto questo è la fuga di capitali da Mosca con conseguente svalutazione del Rublo, ormai al limite della carta straccia. Ora c’è il rischio concreto di un default, cosa comunque non auspicabile vista l’interdipendenza che lega l’economia mondiale.
In Russia si sta diffondendo il panico con la corsa ai supermercati, mentre si fa largo l’idea che ci siano manovre internazionali per spodestare Putin, attraverso un'operazione avvolgente sui mercati dove la speculazione pilotata svolge un ruolo fondamentale. Ne è convinto il ministro degli Esteri russo, Serghej Lavrov, per il quale - riporta Il Sole 24 ore - "ci sono serie ragioni per supporre che dietro le sanzioni ci sia la volontà degli Stati Uniti di destabilizzare la situazione e forzare un cambio di regime a Mosca".
Non a caso si apprende che Obama, approfittando della situazione voglia rincarare la dose e sia in procinto di approvare un nuovo pacchetto di sanzioni per dare, chissà, il colpo di grazia all’Orso.
C’è da augurarsi che, per istinto di sopravvivenza, questi non faccia pazzie.
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