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16/11/24 ore

Petrolio a prezzi di costo, ma l’Italia non può approfittare


  • Antonio Marulo

Il calo del prezzo dell’oro nero è ovviamente un’ottima notizia, più che mai di questi tempi. Le quotazioni di questi giorni fra i 60 e 70 dollari al barile sono infatti grasso che cola, una manna soprattutto per l’Europa, che come spiega bene il Sole 24 Ore può trarne vantaggio non indifferente con effetti positivi sul caro vita e sul Pil. Questo dovrebbe valere a maggior ragione per un paese importatore di fonti energetiche come l’Italia. Tuttavia, puntuale ogniqualvolta le oscillazioni petrolifere in alto o basso raggiungo livelli elevati, emerge l’anomalia tutta italiana,con relative polemiche di rito, per cui se le quotazioni del barile salgono, l’adeguamento dei prezzi al consumo è pressoché immediato, nel caso opposto tutto invece rimane immutato salvo variazioni di portata limitata, come stiamo verificando in queste settimane.

 

Il perché lo si trova nella caratteristica peculiare del nostro paese, che mixa in modo esplosivo la proverbiale furbizia dei venditori con l’inefficienza del mercato della distribuzione fintamente concorrenziale, in una cornice che vede prevalere nella formazione del prezzo finale la componente fiscale. Quest’ultima è il frutto avvelenato di politiche fiscali che nei decenni hanno reso l'accisa sui carburanti il tappabuchi per eccellenza da inserire all’ultimo momento in Finanziaria (oggi Legge di Stabilità) per far quadrare i conti, rinviando sine die interventi strutturali.

 

Così, buco dopo buco, la cifra da girare allo stato si è ingrossata e oggi, nelle condizioni attuali, pare difficile invertire la tendenza senza creare gravi scompensi alle casse statali zavorrate dall’enorme debito pubblico in continua crescita.

 

Quest'ultimo resta il problema dei problemi che sta affondando l’economia del paese. Non bisognerebbe mai stancarsi di ripeterlo, proprio ora che la vulgata dei benaltristi spinge per mandare al diavolo le politiche di bilancio restrittive. Sì, è vero, i vincoli europei, cosiddetti stupidi, stanno creando danni enormi. Resta il fatto che l’Italia, col debito pubblico tra i più grossi del mondo, si becca effetti negativi aggiuntivi.

 

Concentrati tutti sul denominatore (vale a dire la produttività) del parametro di Maastricht, si tende a trascurare che il circolo vizioso in cui si è intrappolati può essere interrotto anche e prima di tutto provando a ridurre il numeratore dal rapporto debito/Pil. Come? Il come oggi sembra ancor più una bestemmia nel paese prosperato e vissuto, appunto, di debito pubblico.

 

Ma tant’è, la strada politicamente scomoda dei tagli reali di spesa (non quelli finti) appare sempre più obbligata. In caso contrario, gli effetti esogeni positivi sull'economia rimarranno tali per gli altri, mentre si continuerà ad essere l’unica economia occidentale che non potrà approfittare dei vantaggi legati, per esempio, al crollo dei prezzi del greggio, quando poi si subiscono oltre misura gli svantaggi di una loro eventuale impennata.

 

Vedere l’andamento del Prodotto interno lordo italiano confrontato con quello degli altri per credere: crescita minore in periodi di espansione dell’economia mondiale, caduta maggiore in caso di recessione globale.

 

 


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