Ce lo chiede l’Europa, si potrebbe chiosare alla notizia, accolta con entusiasmo negli ambienti scolastici, della sentenza della Corte di Giustizia europea che di fatto intima allo Stato italiano di assumere con contratto a tempo indeterminato i precari della scuola. I giudici di Strasburgo ritengono infatti che “la normativa italiana sui contratti di lavoro a tempo determinato nel settore della scuola è contraria al diritto dell’Unione”, per cui “l rinnovo illimitato di tali contratti per soddisfare esigenze permanenti e durevoli delle scuole statali non è giustificato”.
Tale pronunciamento - riporta l'Ansa - giunge in seguito a un quesito posto (con rinvio pregiudiziale) dalla Corte costituzionale e dal Tribunale di Napoli "se la normativa italiana sia conforme all'accordo quadro dell'Ue sul lavoro a tempo determinato e, in particolare, se quest'ultimo consenta il rinnovo di contratti di lavoro a tempo determinato per la copertura di posti vacanti e disponibili, in attesa dell'espletamento delle procedure concorsuali per l'assunzione di personale di ruolo delle scuole statali, senza la previsione di tempi certi per l'espletamento dei concorsi ed escludendo qualsiasi risarcimento del danno subito a causa di un siffatto rinnovo".
Tutto nasce dal ricorso al giudice da parte di un un gruppo di lavoratori precari assunti in istituti pubblici come docenti e collaboratori amministrativi in base a contratti di lavoro a tempo determinato stipulati in successione. Sostenendo l'illegittimità di tali contratti, costoro hanno chiesto giudizialmente la riqualificazione dei loro contratti in rapporto di lavoro a tempo indeterminato, la loro immissione in ruolo, il pagamento degli stipendi corrispondenti ai periodi di interruzione tra i contratti nonché il risarcimento del danno subito.
Secondo i giudici di Lussemburgo la normativa italiana non prevede alcuna misura diretta a prevenire il ricorso abusivo ad una successione di contratti di lavoro a tempo determinato. La Corte Ue evidenzia come "l'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato non ammette una normativa che, in attesa dell'espletamento delle procedure concorsuali dirette all'assunzione di personale di ruolo delle scuole statali, autorizzi il rinnovo di contratti a tempo determinato per la copertura di posti vacanti e disponibili di docenti e di personale amministrativo, tecnico e ausiliario, senza indicare tempi certi per l'espletamento delle procedure concorsuali ed escludendo il risarcimento del danno subito per tale rinnovo". Inoltre la legge italiana "non prevede criteri obiettivi e trasparenti al fine di verificare se il rinnovo risponda ad un'esigenza reale, sia idoneo a conseguire l'obiettivo perseguito e sia necessario a tal fine". E "non contempla neanche altre misure dirette a prevenire e a sanzionare il ricorso abusivo a tali contratti".
Trattandosi di un rinvio pregiudiziale, la sentenza europea non è risolutiva, perché spetta poi al giudice nazionale risolvere la causa conformandosi alla decisione della Corte europea. Resta il fatto che la stessa può comunque aprire la strada, caso specifico del ricorso a parte, all’assunzione dei tanti cosiddetti precari della scuola. I sindacati in tal senso già sono pronti a far pressioni e sfidare il Governo che, dal canto suo, per bocca dello stesso Renzi aveva già annunciato in pompa magna che con la “buona scuola” ci sarebbe stata la regolarizzazione di 250 mila precari.
Ovviamente, la domanda in proposito non cambia ed è la solita: chi paga? Rispondere è lecito e doveroso e non cortesia. Anche perché è sempre l’Europa che ce lo chiede: con fare schizofrenico, questa volta di tenere sotto controllo i bilanci e quindi i conti dissestati della PA.
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