Con un articolo di Anna Mahjar-Barducci, pubblicato martedì 12 Novembre 2019 da Agenzia Radicale, furono descritti alcuni determinanti elementi che si potrebbero definire i caratteri storici, politici e culturali di quella che appare come la crisi dell’Occidente.
La conclusione di quell’intervento sottolineava come: “per prevenire l'autodistruzione dell'Occidente, è necessario trovare un equilibrio tra società liquida e società solida. La priorità è di costruire una nuova cultura liberale, un metodo che riporti un ordine, in cui i diritti di ogni individuo vengano rispettati, e al contempo in cui l'identità collettiva non sia negata o annullata”.
Quella che taluni concepiscono per società liquida è una società per loro ideale: una società dai contorni liquidi, fluida senza confini, … che ha perso la propria identità.
Il richiamo a quell’ottimo intervento, che vale la pena rileggere, consente di introdurre La lettera sulla giustizia e il dibattito aperto che più di 150 intellettuali americani hanno inviato alla rivista Harper’s e che in ottobre lo proporrà ai lettori con le risposte che saranno pervenute.
Si tratta di un documento significativo (la cui traduzione pubblichiamo di seguito), che si iscrive negli avvenimenti che hanno accompagnato, nel contesto drammatico della pandemia da Covid-19, lo scontro negli Stati Uniti e non solo, sulle questioni che riguardano giustizia e libertà che alcuni protagonisti degli scontri nel quadro delle democrazie occidentali sembrano aver inconsapevolmente introiettato con tratti peggiori dei modelli politici che hanno storicamente combattuto.
Scriveva Alessandro Campi su Il Mattino nel giugno 2020: “… L’onda fanatica e integralista che si sta abbattendo su alcuni Paesi occidentali, sulla scia delle proteste anti-razziste nate negli Stati Uniti dopo la brutale uccisione di George Floyd, va ormai oltre gli isterismi censori che di solito si imputano al “politicamente corretto”: un movimento di idee nato nei campus americani con l’obiettivo di combattere le discriminazioni contro le minoranze e divenuto una gabbia linguistico-culturale che ormai rischia di soffocare il dibattito pubblico e la stessa ricerca accademica…
Dall’igiene delle parole, con esiti d’un conformismo spesso grottesco a dispetto delle buone intenzioni iniziali (il rispetto delle differenze e la difesa del multiculturalismo attraverso il bando dei termini potenzialmente offensivi), siamo ormai scivolati nell’iconoclastia (l’abbattimento o rimozione di statue e lapidi, l’oltraggio ai monumenti e la censura alle opere d’arte) e nella violenza come strumento con cui minoranze radicali attive intendono imporre la propria visione ideologica all’intera società: non il riconoscimento degli errori del passato (da spiegare e contestualizzare senza giustificarli), ma la sua cancellazione simbolica e materiale…”.
La lettera aperta dei 150 intellettuali contro il dilagare dell’autolesionista cancellazione delle culture mira a fermare una vocazione tremenda: eliminare ogni forma di dibattito aperto, secondo la vocazione dei moderni totalitarismi.
“Tutto ciò è stato a lungo considerato una ‘bizzarria’ del politicamente corretto - dice Pierluigi Battista all’HuffPost -, senza comprendere che dietro questi gesti poteva celarsi qualcosa di più. Una tendenza pervasiva ed intollerante che oggi sfocia nell’abbattimento o nella vandalizzazione delle statue dello scopritore dell’America Cristoforo Colombo, di Abraham Lincoln, il presidente che ha abolito schiavitù, o di Winston Churchill che proprio contro Hitler, massima espressione razzismo, combatté. L’obiettivo è fare tabula rasa di tutto quello che ci ha preceduto, identificandolo come qualcosa di peccaminoso e corrotto, da purificare, da punire”, prosegue Pierluigi Battista. E aggiunge: “Ora, finalmente, gli intellettuali prendono posizione e cercano di arginare la deriva intollerante con un gesto coraggioso, ben consapevoli di poter incorrere in attacchi”.
I 150 intellettuali, perlopiù nordamericani, che hanno sottoscritta la lettera - scrive il quotidiano cattolico Avvenire - , “ … si smarcano anche dal rischio di essere visti come pedine nella crociata a fini puramente politici di Trump contro il politically corrct. Ma poi si concentrano sul tema che li preoccupa più di un presidente che mette regolarmente in dubbio la legittimità della stampa. «Le forze illiberali stanno guadagnando forza in tutto il mondo e hanno un potente alleato in Donald Trump, che rappresenta una vera minaccia alla democrazia – scrivono – . Ma non bisogna permettere alla resistenza di indurirsi in dogmi o coercizioni, che i demagoghi di destra stanno già sfruttando. L’inclusione democratica può essere raggiunta solo se mettiamo all’indice il clima intollerante che si è manifestato da tutte le parti…”.
***************************
Una lettera sulla giustizia e il dibattito aperto
Le nostre istituzioni culturali stanno affrontando un momento di prova. Potenti proteste per la giustizia razziale e sociale stanno portando a richieste in ritardo di riforma della polizia, insieme a richieste più ampie di maggiore uguaglianza e inclusione in tutta la nostra società, non ultimo nell'istruzione superiore, giornalismo, filantropia e arte. Ma questo necessario calcolo ha anche intensificato una nuova serie di atteggiamenti morali e impegni politici che tendono a indebolire le nostre norme di dibattito aperto e tolleranza delle differenze a favore della conformità ideologica.
Mentre applaudiamo al primo sviluppo, alziamo anche la nostra voce contro il secondo. Le forze del illiberalismo stanno guadagnando forza in tutto il mondo e hanno un potente alleato in Donald Trump, che rappresenta una vera minaccia alla democrazia. Ma non bisogna permettere alla resistenza di indurirsi nel proprio marchio di dogma o coercizione, che i demagoghi di destra stanno già sfruttando. L'inclusione democratica che vogliamo può essere raggiunta solo se parliamo contro il clima intollerante che si è manifestato da tutte le parti.
Il libero scambio di informazioni e idee, linfa vitale di una società liberale, sta diventando sempre più limitato. Mentre ci aspettiamo questo dalla destra radicale, la censura si sta diffondendo anche più ampiamente nella nostra cultura: un'intolleranza di visioni opposte, una moda per la vergogna pubblica e l'ostracismo e la tendenza a dissolvere complesse questioni politiche in una accecante certezza morale.
Sosteniamo il valore di un contro-discorso robusto e persino caustico da ogni parte. Ma ora è fin troppo comune sentire richieste di punizione rapida e severa in risposta alle trasgressioni percepite del linguaggio e del pensiero.
Ancora più preoccupanti, i leader istituzionali, in uno spirito di controllo del danno in preda al panico, stanno offrendo punizioni affrettate e sproporzionate invece di riforme ponderate. Gli editori vengono licenziati per l'esecuzione di brani controversi; i libri vengono ritirati per presunta inautenticità; ai giornalisti è vietato scrivere su determinati argomenti; i professori vengono indagati per aver citato opere letterarie in classe; un ricercatore viene licenziato per aver fatto circolare uno studio accademico peer-reviewed; e i capi delle organizzazioni vengono espulsi per quelli che a volte sono solo errori goffi.
Qualunque siano le argomentazioni su ogni particolare incidente, il risultato è stato quello di restringere costantemente i confini di ciò che si può dire senza la minaccia di rappresaglia. Stiamo già pagando il prezzo con maggiore avversione al rischio tra scrittori, artisti e giornalisti che temono per i propri mezzi di sussistenza se si discostano dal consenso o mancano di sufficiente zelo nell’accordo.
Questa atmosfera soffocante alla fine danneggerà le cause più vitali del nostro tempo. La restrizione del dibattito, da parte di un governo repressivo o di una società intollerante, fa invariabilmente male a chi manca di potere e rende tutti meno capaci di partecipazione democratica.
Il modo per sconfiggere le cattive idee è attraverso l'esposizione, l'argomentazione e la persuasione, non cercando di zittire o desiderare di allontanarle. Rifiutiamo qualsiasi scelta falsa tra giustizia e libertà, che non possono esistere l'una senza l'altra. Come scrittori abbiamo bisogno di una cultura che ci lasci spazio alla sperimentazione, all'assunzione di rischi e persino agli errori.
Dobbiamo preservare la possibilità di un disaccordo in buona fede senza terribili conseguenze professionali. Se non difendiamo la cosa da cui dipende il nostro lavoro, non dovremmo aspettarci che il pubblico o lo stato lo difendano per noi.
é uscito il N° 118 di Quaderni Radicali "EUROPA punto e a capo" Anno 47° Speciale Maggio 2024 |
è uscito il libro di Giuseppe Rippa con Luigi O. Rintallo "Napoli dove vai" |
è uscito il nuovo libro di Giuseppe Rippa con Luigi O. Rintallo "l'altro Radicale disponibile |