Dal ministro di Giustizia Alfonso Bonafede non si poteva aspettare altro né di meglio. E così è stato fin qui. Fatta la prima ispezione, ha deciso si sospendere la direttrice della casa circondariale femminile di Roma-Rebibbia, Ida Del Grosso, la sua vice, Gabriella Pedote, e il vicecomandante del reparto di Polizia penitenziaria, Antonella Proietti, in seguito ai fatti avvenuti ieri nel carcere romano dove una detenuta ha ucciso la figlia neonata e ferito gravemente l'altro figlio di due anni.
Individuati quindi i primi capri espiatori, per ora nessun commento sui reali e profondi problemi che stanno dietro una simile tragedia. Si cercano piuttosto le cause altrove, a quanto sembra solo in qualcosa che non è andato a Rebibbia.
“La magistratura sta già facendo gli accertamenti”, ha detto Bonafede, annunciando che “chiaramente il ministero ha già aperto un'inchiesta interna per verificare le responsabilità". E chissà se mai gli verrà in mente di indagare sull'assenza di leggi adeguate e sulla mancata attuazione di quelle vigenti.
Infatti, in un paese civile bambini in carcere non dovrebbero esserci e andrebbero trovate soluzioni alternative, che per altro già in parte ci sono. In particolare - ricorda il Dubbio - una norma del 2011 “prevede che le detenute madri devono scontare la pena con i loro figli fino al compimento del sesto anno di vita del bambino, non più solo fino al terzo, ma non in carcere”, bensì in “istituti a custodia attenuata (ICAM), luoghi colorati, senza sbarre, a misura di bambino”.
Si dà il caso - come ricorda Rita Bernardini del Partito Radicale - che nella regione Lazio del tanto lodato Zingaretti i suddetti ICAM manchino, per cui casi di figli piccoli che scontano la pena con le proprie mamma sono all'ordine del giorno, con tutti i rischi e i traumi che ne conseguono.
“… Nessuna responsabilità si può attribuire all’istituto femminile di Rebibbia, un istituto gestito con saggezza e capacità da persone di grande umanità” – dice Susanna Marietti (Coordinatrice associazione Antigone). Eppure non si è fatto altro che sospendere le responsabili dell'istituto, che operano in condizioni precarie e senza che i governi precedenti, il governo in carica, il parlamento, abbiano fatto nulla per sottrarre al carcere bimbi e neonati, che sono in prigione senza essere colpevoli. Ovviamente è inutile ricordare che non sono mancate le frasi patetiche di chi nell’assenza di ogni responsabile intervento legislativo e governativo, afferma che i bambini in carcere non devo stare…
Appare forse superluo in queste pagine ribadire quanto sia necessario riformare un sistema di per sé al collasso. Cosa per la quale è fin qui mancata una reale volontà politica. C'è da dire in modo trasversale, come dimostra il destino a cui è andato incontro la riforma del sistema penitenziario, a cavallo tra la legislatura precedente e quella appena iniziata.
La riforma affossata prevedeva alcuni significati correttivi proprio in materia di affettività in carcere, che insieme ad altri ritocchi costituivano un primo passo verso un sistema meno "disumano e degradante".
In teoria vicende drammatiche come quelle di Rebibbia dovrebbero far fare ammenda a chi di dovere, se non fosse che al governo c'è chi vuole solo rinchiudere gettando via la chiave. (red.)
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