Se la lunga crisi economica, con evidenti ripercussioni occupazionali, ha avuto effetti di ridurre il numero di stranieri comunitari verso l’Italia, il numero dei rumeni che vivono in Italia aumenta ancora. Vi sono dati ufficiali del 2016 che parlano di quasi un milione e duecentomila presenze della comunità rumena nel nostro paese. Ma c’è chi afferma che si tratta di un numero di gran lunga superiore.
Le donne sono ben oltre la metà, e in Italia hanno una larga partecipazione al mondo del lavoro e una donna straniera occupata ogni 4 è rumena.
Se questa è una realtà, un elemento che non va trascurato è che nonostante i cambiamenti, la questione relativa alla contraccezione, all’educazione sessuale resta un punto debole del vissuto femminile rumeno.
Gabriela Alexandrescu, presidente di Save the Children Romania afferma: "La maggior parte delle ragazze che restano incinta prima dei 18 anni non hanno mai partecipato a un corso di educazione sanitaria. Il problema è la mancanza di educazione sulla salute, tra cui educazione sessuale nelle scuole e nelle comunità".
Dichiara al giornale online “PiuCulture” il dott. Adrian Iancu, che fornisce assistenza psicologica, psicoterapia, consulenza e terapia sessuologica presso l’AIED (Associazione Italiana per l’Educazione Democrafica) dal 1984: “Fino al 1989 in Romania l’aborto era considerato un reato penale. Mancava una cultura della contraccezione e un’educazione alla sessualità e alla salute della donna. E ancora oggi l’aborto in Romania è un problema … L’immigrazione di questi anni si porta dietro gli stessi problemi. E il concetto di consultorio familiare in rumeno e in molte altre lingue semplicemente non esiste”.
Ma se l’AIED nasce 64 anni fa come, recita un volantino, un’organizzazzione costituita con la finalità di sostenere la procreazione libera e responsabile, … impegnata a fianco delle donne, delle coppie, dei giovani e di quanti scelgono di vivere in maniera libera e consapevole la propria salute e la propria sessualità, ecco l’idea di realizzare a Roma con l’ARI (una delle Associazioni dei Rumeni in Italia), un accordo che consente proprio ai rumeni, in particolare alle donne, una assistenza medica e psicologica presso i consultori AIED e a tariffe sostenibili.
Le sedi nella Capitale di Viale Gorizia, 14 e di via Toscana, 30/1, avranno il compito di accogliere quanti avranno questa domanda culturale e sanitaria che molto spesso manca proprio nella comunità, quella rumena, che come detto è la più numerosa in Italia.
Se in Italia vi sono numerose associazioni che come l’AIED operano come supporto di medicina sociale, questi supporti mancano ancora in Romania e in altri paesi. Secondo gli esperti, tra le cause dell'alto numero di baby gravidanze ci sono la povertà, l'emigrazione e la mancanza di consapevolezza. Occorrono ore di educazione sessuale nelle scuole; queste non solo aiuterebbero a ridurre le gravidanze indesiderate, ma proteggerebbero anche le ragazze dalle malattie sessualmente trasmissibili. La grande comunità rumena in Italia rischia di trascinarsi i propri modelli, urge quindi un’azione di divulgazione e conoscenza.
Scardinare aspetti psicologici e comportamentali che si sono radicati nella coscienza delle persone in modo profondo, sulla spinta di presupposti ideologici, di controllo, di abitudini che favoriscono conseguenze gravi per la vita delle persone, soprattutto giovani e donne, è difficile ma urgente.
Circa 60 ong hanno lanciato un appello per chiedere che l'educazione sessuale sia introdotta nelle scuole della Romania. Cristina Benga, rappresentante nel suo paese dell'Associazione genitori per le classi di religione dice: "Vorrei invitare i genitori a porre maggiore attenzione all'educazione dei loro figli… Vorrei creare dei programmi dedicati all'educazione dei genitori, e vorrei suggerire loro di lavorare meno e dedicare più tempo all'educazione dei figli".
Ora in Italia è nata questa iniziativa che – ribadisce ancora Iancu: “… cerca di intervenire, senza profit, sui limitati modelli di aggregazione sociale dei rumeni, per aiutare a superare antichi pregiudizi dalle conseguenze gravi per la vita delle persone…”. (red)
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