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25/12/24 ore

La lotta nonviolenta di Pannella e i radicali per il diritto alle cure nelle carceri



L’ultimo bollettino medico con cui è stato dimesso dalla clinica Pio XI danno conto di condizioni di salute molto preoccupanti e, dopo non poche resistente alle esortazioni dei medici a riprendere immediatamente la regolare alimentazione, il leader radicale Marco Pannella ha deciso di sospendere per 24/36 ore il Satyagraha nella forma dello sciopero della sete per “fermare il massacro delle carceri”.

 

Pannella ha spiegato di aver accettato rispondendo alla prescrizione medica e si è soffermato sull’ipotesi "che si tratti di un fatto tumorale." "Tutti sanno che c’è una gamma articolata e diversa di fenomeni, si tratta di capire quale", ha detto il leader dei Radicali precisando che il tempo previsto per i risultati è di "nove, dieci giorni".

 

Attraverso un comunicato la segretaria di Radicali Italiani, Rita Bernardini, a sua volta in sciopero della fame dal 30 giugno, ha intanto ribadito le ragioni della lotta nonviolenta, ora che è anche l’ONU chiede “all’Italia un provvedimento di amnistia e indulto”, dando “ragione ai radicali e al Presidente Napolitano sotto ogni aspetto”.

 

La presa di posizione Onu è stata per altro sistematicamente censurata dai media italiani, che hanno di fatto ignorato ”la visita effettuata in Italia (dal 7 al 9 luglio) da parte delle Nazioni Unite tramite il “Gruppo di lavoro sulla detenzione arbitraria”, nel corso della quale sono emerse, fra le altre, “recriminazioni su un argomento tabù in Italia come quello del 41-bis”, la cui applicazione secondo l’ONU non rispetta i “requisiti internazionali per i diritti umani".

 

“Occorre intervenire immediatamente per garantire le cure oggi negate a migliaia di detenuti che non possono essere ‘curati’ nelle strutture carcerarie”, – ha detto Bernardini - sottolineando che “il decreto sulle carceri in fase di conversione alla Camera, nel prevedere le misure risarcitorie per i detenuti che hanno subito trattamenti inumani e degradanti – che noi radicali abbiamo definito ‘il prezzo della tortura’ – non ha corrisposto minimamente a quanto previsto dalla Corte EDU e a principi elementari di costituzionalità”.

 

Anche la Commissione Affari Costituzionali della Camera - ha ricordato Bernardini - ha espresso seri dubbi in proposito, “chiedendo alla Commissione Giustizia se "siano pienamente rispondenti ai principi stabiliti dalla Corte europea dei diritti dell'uomo nella richiamata sentenza dell'8 gennaio 2013 (causa Torreggiani e altri contro Italia, ricorsi 43517/09 più altri riuniti) ed al principio di proporzionalità di matrice costituzionale".

 

 


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