Davvero l’Italia è fuori dall’emergenza carceri come ha stabilito il 5 giugno scorso il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa? Niente affatto. Il partito Radicale e Radicali italiani sono state le uniche due organizzazioni ad inviare un dossier a Strasburgo per confutare le tesi del governo italiano e abbiamo fondati motivi per contestare la decisione presa.
Il riconoscimento per gli sforzi fatti dall’Italia e il rinvio di un anno dell’esame costituiscono giudizi che nulla hanno a che vedere con la situazione reale del nostro Paese. E così l’Italia l’ha sfangata. Il 5 giugno scorso il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, chiamato a pronunciarsi sull’esecuzione della sentenza Torreggiani, ha riconosciuto «l’impegno che le autorità italiane hanno messo nel risolvere la questione del sovraffollamento carcerario e i risultati significativi già ottenuti attraverso l’introduzione di varie misure strutturali».
In quell’occasione; il Comitato ha inoltre preso nota di come l’Italia abbia «introdotto, entro i limiti di tempo imposti dalla sentenza Torreggiani, un rimedio preventivo». Infine, il Comitato ha annunciato che riprenderà in esame la questione nella sua riunione del giugno 2015, quando farà un esame approfondito sui progressi fatti dal nostro Paese. Tutto bene, dunque? Niente affatto.
Il partito Radicale e Radicali italiani i italiani sono state le uniche due organizzazioni ad inviare un dossier a Strasburgo secondo quanto previsto dall’art. 9 comma 2 del regolamento del Comitato dei Ministri. Lo abbiamo fatto per confutare le tesi del governo italiano e abbiamo fondati motivi per contestare oggi il pronunciamento del suddetto Comitato formato dai delegati (tutti ambasciatori) dei ministri degli Esteri dei 47 Paesi che fanno parte del Consiglio d’Europa.
Il riconoscimento per gli sforzi fatti dall’Italia e il rinvio di un anno dell’esame "costituiscono giudizi che nulla hanno a che vedere con il controllo dell’esecuzione della sentenza che l’8 gennaio 2013 aveva visto la Corte Europea dei diritti dell’uomo condannare l’Italia per violazione sistematica dell’art. 3 della Cedu, cioè per tortura e trattamenti inumani e degradanti dei detenuti ristretti nelle nostre carceri.
Sono cessati questi trattamenti nelle nostre carceri come chiedevano anche il nostro »presidente della Repubblica e la nostra Corte Costituzionale? E’ stato posto fine alla tortura? Il dossier preparato da me, dall’avvocato Debora Cianfanelli e dalla presidente del Movimento Laura Arconti, dimostrava, dati e tabelle alla mano, palesemente di no: numeri inventati dal ministero sulle capienze regolamentari degli istituti penitenziari, deportazioni di massa di migliaia di detenuti, cure negate, condizioni strutturali degli edifici e igienico-sanitarie disastrose, mancanza pressoché totale di attività trattamentali quali studio e lavoro, impressionanti carenze di organico a tutti i livelli persino nei ruoli della magistratura di sorveglianza, percentuali elevatissime di detenuti in attesa di giudizio.
Ma sapete cosa è successo? E’ accaduto che qualche manina (leggasi: burocrazia europea) ha fatto in modo che la nostra documentazione spedita e ricevuta dagli uffici il 23 maggio non giungesse nelle mani dei 47 ambasciatori appositamente riuniti dal 3 al 5 giugno a Strasburgo. Lo abbiamo scoperto quando ci siamo rese conto che il nostro dossier non era stato pubblicato sul sito ufficiale del comitato dei Ministri assieme al resto della documentazione di parte governativa che, invece, veniva riportata puntualmente.
Abbiamo chiesto spiegazioni e, dopo qualche giorno, il 10 giugno - a sessione conclusa e a decisioni prese - il nostro fascicolo miracolosamente compariva fra i documenti con tanto di timbri di ricezione (23 maggio), di pubblicazione (10 giugno) e di messa a disposizione dei delegati... ma per la prossima sessione del 23/25 settembre. Intanto, come scrivevo all’inizio, l’hanno sfangata. E’ lo stesso ministro della Giustizia a farsi scappare la frase «sulle carceri ci abbiamo messo una pezza» (AdnKronos del 10 giugno).
Che la burocrazia europea giocasse sporco ne avevamo già avuto sentore il 22 maggio quando, la vice-segretaria generale del Consiglio d’Europa, l’italiana Gabriella Battaini Dragoni, esprimeva - con largo anticipo sulla sessione del Comitato dei Ministri - il suo giudizio "politico" positivo sull’operato dell’Italia preannunciando il fausto verdetto con tanto di lodi per l’«impegno decisivo del ministro Orlando nel trovare delle soluzioni adeguate per risolvere il problema del sovraffollamento carcerario».
C’è di più. Non è vero che l’Italia abbia introdotto, entro i limiti di tempo imposti dalla sentenza Torreggiani (28 maggio), un rimedio compensativo per i trattamenti inumani e degradanti. Il Comitato dei Ministri si è fidato delle promesse italiane sia su questo aspetto che sulla riforma della custodia cautelare in carcere.
Il "risarcimento" che si preannuncia dalle indiscrezioni di stampa sull’imminente decreto ha il carattere della beffa: sconto di un giorno per ogni 10 giorni di tortura subiti o, nel caso si sia già stati scarcerati, 8 euro al giorno. Per essere però tra i "fortunati" ricompensati occorre aver patito almeno 15 giorni di disumanità e di umiliazione, altrimenti, niente.
Che in tutto ciò il presidente del Consiglio Matteo Renzi non intraveda nemmeno lontanamente il rischio del ritorno di orrori antidemocratici che con immatura spavalderia si pensa siano stati debellati per sempre, preoccupa e continua ad occupare Marco Pannella e noi pochi, troppo pochi, radicali cancellati con meticolosità scientifica dai mezzi di informazione di massa. Da pochi giorni però c’è Il Garantista e questo ci fa sentire meno soli. Grazie a Piero Sansonetti e a chi sta sostenendo la sua non facile scommessa editoriale.
Rita Berrnardini (da Cronache del Garantista 20 giugno 2014)
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