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16/11/24 ore

Corte Penale Internazionale: le inadempienze italiane


  • Ermes Antonucci

Esattamente 14 anni fa, il 17 luglio 1998, veniva adottato a Roma lo Statuto della Corte Penale Internazionale, poi entrato in vigore nel 2002. Proprio per celebrare la storica nascita della Cpi, il 1° giugno 2010 l’Assemblea degli Stati Parte della Corte ha istituito la Giornata mondiale della giustizia internazionale penale.

 

Una commemorazione quest’anno percepita in modo particolare, considerata la recente e prima memorabile sentenza della Cpi di una settimana fa. Per questa ragione, e soprattutto per fare il punto sull'iter di approvazione del disegno di legge di adeguamento dell’ordinamento italiano allo Statuto di Roma, presso la Sala Nassirya del Senato si è tenuto l’incontro “Corte Penale Internazionale: 10 anni dopo l'Italia è ancora inadempiente”, organizzato da Non c'è Pace Senza Giustizia e il Partito Radicale.

 

La tavola rotonda ha visto la partecipazione di numerose figure istituzionali e di personalità di spicco del campo delle relazioni internazionali. Emma Bonino ha ricordato le difficoltà negoziali del 1999, e “il lavoro straordinario che abbiamo l’onore di aver portato avanti con grande determinazione”. Tuttavia, la vicepresidente del Senato ha sottolineato la “evidente la disparità tra l’impegno iniziale e le lentezze che abbiamo vissuto successivamente” nell’approvazione del disegno di legge per l’attuazione dello Statuto (ora fermo al Senato, dopo essere stato approvato alla Camera).

 

Per il segretario del Partito Radicale Demba Traoré “la corte oggi può giocare un fondamentale ruolo deterrente contro coloro che commettono violazioni gravi dei diritti umani”, e, ricordando il principio di complementarietà alla base della Cpi (può intervenire solo se gli stati non vogliano o non possano giudicare i crimini internazionali), ha evidenziato la responsabilità degli stati nella lotta contro tali crimini: “Numerose richieste di arresto sono state rifiutate dagli stati, in violazione degli impegni presi attraverso la ratifica dello Statuto. L’anno scorso alcuni stati hanno violato il mandato di arresto contro il presidente sudanese Omar Al Bashir, ospitandolo nei loro territori. Allo stesso modo non possiamo non criticare il sostegno dato dalla comunità africana a questi comportamenti”.

 

Le possibili vie per andare incontro a tali limiti, ha aggiunto Traoré, possono essere “la moltiplicazione di uffici di rappresentanza, una maggiore collaborazione con gli stati, una sensibilizzazione delle popolazioni colpite, un accrescimento della partecipazione delle vittime”.

 

Lamberto Dini, ministro degli Esteri all’epoca dell’adozione dello Statuto, ha affermato: “La Cpi rappresenta uno straordinario passo avanti nella civiltà giuridica che oggi celebriamo. Dissi in quell’occasione ‘il tribunale non emetterà il giudizio dei soli vincitori, sarà un’istituzione forte e credibile’. Oggi tutti riconoscono che la Corte costituisce un attore fondamentale nelle relazioni internazionali, ma la cooperazione degli stati è indispensabile”.

 

La deputata radicale Rita Bernardini si è posta la domanda: “Come mai tanti rallentamenti e titubanze per l’adeguamento interno allo Statuto?”. Una delle spiegazioni, secondo Bernardini, è che “nel ‘99 Emma Bonino era Commissario Europeo, oggi per scelte della politica i radicali sono fuori dal Parlamento Europeo, e la possibilità di coinvolgere cittadini e militanti dei diritti civili e politici si è indebolita”.

 

Staffan De Mistura, noto diplomatico e funzionario Onu, oggi sottosegretario agli Affari Esteri, ha ironicamente sostenuto che “prima della Cpi era più facile essere condannato per aver parcheggiato male una macchina che giudicare ciò che aveva fatto Pol Pot, ciò era illogico”. Nonostante ciò, pur essendo nel governo, non riesce a spiegarsi la lentezza dell’adeguamento: “Vorrei scoprire il perché”.

 

Per Silvana Arbia, cancelliere della Corte Penale Internazionale è un “peccato che tutto questo investimento e tutte queste risorse non siano accompagnate dalla cosa più normale per un paese leader nel fondare questa istituzione, e che ha assunto gli impegni attraverso la ratifica. L’Italia si è messa da parte, e mi dispiace molto. L’Italia si è obbligata, come tutti gli altri paesi, a perseguire e punire i responsabili dei crimini internazionali, ma non si è integrata. Io non sono a conoscenza delle ragioni, ma posso dire che ciò non giova all’Italia: la corte è un’istituzione credibile e di cui si ha bisogno a livello mondiale”. “Un rischio enorme – ha concluso Arbia – è la possibilità che mandati di arresto o altre decisioni dei giudici della Corte non siano eseguiti per il mancato adeguamento”.

 

Alla tavola rotonda è intervenuto anche Francesco Rutelli, l’allora sindaco di Roma: “Mi associo a ciò che è stato detto sull’inaccettabilità del mancato adeguamento allo Statuto”. Rutelli ha colto l’occasione per riconoscere il fondamentale ruolo dei radicali: “I radicali sono stati forza trascinante, già decenni prima, poi al momento della negoziazione, e ora nella lotta per l’implementazione”.

 

A concludere l'incontro è stato Marco Pannella: “Con la Cpi affermiamo in modo nuovo e concretamente il passaggio dalla legalità internazionale a un soggetto di giurisdizione internazionale. Cosa diversa è invece il problema delle armi di cui la giurisdizione dovrebbe dotarsi per farsi obbedire”.


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