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15/11/24 ore

Nozze e adozioni gay, in Francia prova di forza del fronte del No



Trecentomila secondo la polizia, quasi un milione e mezzo secondo gli organizzatori. Tanti sono i cittadini francesi che ieri hanno invaso le strade di Parigi per ribadire pubblicamente il loro 'no' alle nozze gay e all'adozione di bambini da parte delle coppie omosessuali.

 

Un 'bis', dopo la manifestazione di protesta dello scorso gennaio, in cui non è mancato qualche momento di tensione: un centinaio di dimostranti ha infatti cercato di accedere agli Champs Elysees, area che la prefettura aveva precedentemente dichiarato off limits, innescando l'immediata reazione dei celerini che per contenerli hanno lanciato i lacrimogeni sull'avenue Foch, sede di alcuni tra gli appartamenti più cari e chic della capitale.

 

Il corteo, composto perlopiù da famiglie, si è comunque dimostrato deciso a far arrivare chiaramente il proprio messaggio alla classe politica 'capitanata' da Francois Hollande: il matrimonio può esserci solo tra un uomo e una donna e la legge che autorizza le persone dello stesso sesso a convolare a nozze, approvata lo scorso febbraio con una larga maggioranza dall'Assemblea Nazionale e in attesa dell'ok definitivo del Senato, non s'ha da fare.

 

Il dibattito avrà inizio ad Aprile ma il sì alla legge tanto contestata non sembra più così certo: secondo alcuni sondaggi, la maggioranza dei francesi è ancora propensa a votare a favore dei matrimoni gay, ma sarebbero molto meno disposti a votare una legge che consenta anche le adozioni per le coppie omosex.

 

Al movimento di protesta, composto in principio perlopiù da gruppi di cattolici anti-progressisti, si sarebbe inoltre aggiunto un “grandissimo numero di sostegni”, soprattutto quello della comunità musulmana e di quella evangelica.

 

Oltretutto, scrive 'Liberation', sarebbe in corso anche una “battaglia tra esperti di diritto dul contenuto della legge” che, secondo molti giuristi, conterrebbe “tantissimi elementi di incostituzionalità”: l'inquilino dell'Eliseo rischia perciò di vedersi nuovamente “bocciato dal Consiglio di Stato” proprio su quella legge perno della sua campagna elettorale.


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