Detenuti rinchiusi in celle di meno di 3 metri quadrati in condizioni di estremo disagio, insostenibili per un essere umano. E' questa la fotografia delle carceri nostrane che ha spinto la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo a condannare l'Italia per il trattamento “inumano e degradante” di 7 reclusi negli istititui di pena di Busto Arsizio e Piacenza.
Ai detenuti in questione dovrà essere pagato un risarcimento di 100 mila euro per danni morali, secondo quanto stabilito dalla sentenza dell'Ue che invita inoltre l'Italia a porre rimedio immediatamente al sovraffollamento carcerario. Quest'ultimo, secondo i giudici, è un problema di natura strutturale e non riguarda esclusivamente il caso dei sette ricorrenti: la Corte ha infatti specificato di aver ricevuto più di 550 ricorsi da altri detenuti che dichiarano di aver vissuto in celle troppo piccole.
Per questo motivo le autorità italiane, oltre a dover obbligatoriamente far fronte al sovraffolamento anche prevedendo pena alternative al carcere, entro una anno dovranno dotarsi di un sistema di ricorso interno che consenta ai detenuti di rivolgersi ai tribunali italiani per denunciare le condizioni di vita ritenute disumane all'interno delle progioni e ottenere un risarcimento per la violazione dei loro diritti.
Con la sentenza odierna, è la seconda volta che l'Italia viene condannata per lo spazio insufficiente a contenere dignitosamente i detenuti nelle patrie galere. Nel 2009 infatti un carcerato di Rebibbia denunciò di vivere in uno spazio di meno di 3 metri quadrati, ben quattro metri in meno rispetto a quanto stabilito dagli standard internazionali.
Per questo motivo successsivamente alla condanna il governo italiano aveva presentato a Strasburgo il cosiddetto “piano carceri” che, oltre a prevedere un'ampliamento delle celle, prefigurava misure alternative alla detenzione e provvedimenti in grado di ridurre il sovraffolamento. Un piano che, non è un mistero, di fatto fatica a prendere concretamente forma. (F.U.)
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