A Roma, a “Palazzo S. Chiara”, nell'ambito delle iniziative del "Club di Palazzo Santa Chiara", sono esposti numerosi quadri e sculture, ed anche (cosa più rara) un arredo, rappresentativi del periodo futurista. Come promette il titolo, vi si possono ammirare opere provenienti da una prestigiosa collezione che vengono proposte al pubblico non durante, ma ben dopo la celebrazione del centenario del futurismo, che, com’è noto sono avvenute nel 2009 a solennizzare i cento anni del manifesto futurista di Filippo Tommaso Marinetti, con una serie di eventi e mostre in tutta Italia, coordinate da un apposito Comitato Nazionale.
Questo Comitato, pur operando con grande perizia (come potrebbe testimoniare lo stesso Umberto Croppi) non è riuscito ad infrangere del tutto – almeno nei confronti del grosso pubblico - il muro di rimozione e di oblio in cui è stato relegato dalla critica (prima crociana, poi marxista) un movimento artistico prettamente italiano che ha goduto di grandi riconoscimenti all'estero, specie nei musei americani, mentre ha subito alterne vicende nel nostro paese, tanto da costituire un argomento sempre da dibattere e da precisare.
Infatti il Futurismo, come movimento di idee e come laboratorio di innovazioni linguistiche e formali, è stato difeso con troppa timidezza dalla destra, prigioniera degli schemi politici del fascismo e dell’antifascismo, mentre in seguito, dopo la caduta dell’URSS, è stato riletto e riabilitato dalla critica di sinistra, una volta che questa è riuscita a ricomprenderlo nell’alveo delle avanguardie artistiche del Novecento, che in parte se ne sono nutrite.
Percorrendo l’itinerario della mostra, notiamo numerosi quadri ed alcune sculture di dimensioni non grandi degli artisti più importanti di quel movimento, compresa una rara china ad opera di Marinetti che ritrae l’artista Tatò, e, sul palcoscenico del teatro del Palazzo una Futur-camera di Giacomo Balla, un arredo ad angolo costituito da due pannelli e un cubo al centro sormontato da una grande lampada.
Tra i soggetti, un vero tripudio di aerei e automobili, frutto di una tecnologia a quel tempo nascente che davano al concetto di velocità quel carisma epocale e quella enfasi avvenirista che per noi, adesso, è opacizzata dalla consuetudine, ma che all’epoca fu il punto di forza di quel Manifesto Futurista che tanto successo ebbe nella genesi delle avanguardie europee e internazionali.
Balla, Benedetto, Boccioni, Bragaglia, Corona, D'Anna, Dottori, Evola, Ginna, Marasco, Marinetti, Munari, Severini, Sironi, Tatò, Thayaht sono i cognomi dei sedici artisti esposti a cui corrispondono 27 opere.
Una piccola grande mostra dunque, e Umberto Croppi, al termine di un suo scritto riprodotto nel dépliant di presentazione, tiene a sottolineare come il Futurismo sia stato il grande segno del XX secolo, rimarcando così il sottotitolo della mostra.
Sul Futurismo è stato detto tanto che, specie oggi, dopo la celebrazione del centenario che cadeva proprio quattro anni fa, resta difficile aggiungere qualcosa di nuovo, benché sull’ermeneutica del Futurismo e sulle sue ripercussioni culturali qualche cosa da dire rimanga; ci riferiamo, ad esempio, al fatto che i musei attribuiscono al Dadaismo o ad altri movimenti ciò che spetta invece al Futurismo.
Una matassa che non ci incarichiamo di dipanare ma che resta il tallone d'Achille di tutti quelli che del Futurismo si fanno promotori. Va dato atto a questa mostra di aver consentito un supplemento di indagine e di dibattito al riguardo.
Palazzo Santa Chiara
via di S. Chiara, 14 (Pantheon) - Roma
a cura di Carla Mazzoni e Gabriele Bianconi
Dal 27 Ottobre al 24 Novembre
Giovanni Lauricella
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