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23/12/24 ore

Inside Her Eyes, la realtà femminile in mostra a Palazzo Valentini


  • Silvia Soligon

 

In questi giorni a Roma, in fondo alle scale che portano alla sala Egon von Fürstenberg di Palazzo Valentini, si incontrano cinque diverse realtà femminili, lontane fra loro nello spazio e nella cultura. Sono le realtà di cinque artiste: Leila Ataya, russa trapiantata in Nuova Zelanda, Afarin Sajedi, artista di spicco dell'arte iraniana, la scultrice italiana Francesca Romana Di Nunzio, l'illustratrice e fotografa Natalie Shau dalla Lituania e, dalla Corea, Kwon Kyungyup, una delle artiste più promettenti dell'arte contemporanea orientale.

 

A riunirle è Alexandra Mazzanti, direttrice della Dorothy Circus Gallery, galleria d'arte di riferimento per il Pop Surrealismo in Europa. Oggi, con la mostra Inside Her Eyes Alexandra unisce cinque visioni del mondo e della vita della donna, legate da sangue, passione e da un'opera, a sua volta parte dell'esposizione, che le vede “invitate in un salotto ideale”.

 

Suo autore è l'unico artista uomo che partecipa alla mostra, l'italiano Seven Moods, al secolo Marco Pisanelli, giovane materano trasferitosi a Roma per frequentare l'Accademia di Belle Arti e coltivare la passione per la musica. Il suo quadro rappresenta le cinque artiste protagoniste dell'esposizione. “Insieme a loro – ci racconta Marco – ho inserito la loro simbologia, i loro animali”.

 

Il Pop Surrealismo è, infatti, una corrente ricca di mito e alchimia, dove si incontrano alberi e animali antropomorfi, donne efebiche eternamente bambine e mostri. Così Seven Moods ha rappresentato Afarin Sayedi con i suoi pesci e Leila Ataya con la sua volpe, Francesca Romana Di Nunzio con la sua piccola centaura e Kwon Kyungyup fasciata come le sue creazioni, tutte riunite intorno a una sireniforme Natalie Shau.

 

“Ho dipinto questo quadro nella mia casa di Sibari, tra l'acqua e i pesci. E mi è venuto in mente un acquario emerso”, continua Seven Moods. “Dipingere mi serve per staccare dal mondo reale. Racconto di mondi alti in cui tutto è possibile, di animali fuori dal loro habitat naturale. Quando devo fare un dipinto metto in moto meccanismi naturali per l'esigenza di andare via con la mente e mentre dipingo sono in quel posto lì, vado da un'altra parte. Poi poso i pennelli e torno a terra. E' lo stesso procedimento che metto in atto con la musica”.

 

Partendo da questo salotto ideale la mostra si articola in tre parti, come in tre momenti della giornata. Da un lato il buio della notte, con lo sfondo scuro delle opere di Leila Ataya e delle enormi tele di Afarin Sajedi, dall'altro il chiarore dell'alba popolata dalle sculture fiabesche di Francesca Romana Di Nunzio e dalle regine della neve di Natalie Shau. Infine il giorno con le bianche bende che avvolgono le protagoniste dei dipinti di Kwon Kyungyup.

 

Cinque modi diversi di raccontare le donne: accanto ai fantasmi di Leila Ataya, che attraversano le epoche cambiando stile e costumi, si trovano le donne dagli occhi invisibili o pieni di lacrime di Afarin Sajed. “Non ho voluto dare una nazionalità, un'etnia alle persone che ho dipinto – ha spiegato l'artista - perché voglio che le persone riflettano se stesse in questi dipinti”.

 

Simbolo per eccellenza della pittrice iraniana è il pesce. “Per me il pesce è la fluidità. E' la fluidità dei propri sentimenti, di quello che tu senti all'interno, che  si muove e che si dimostra”. Quelli dipinti negli occhi delle sue donne “sono spazi intimi interni e immaginazione”. Un'immaginazione che trova ancora più spazio quando gli occhi delle donne ritratte sono coperti.

 

Attraverso il digital painting di Natalie Shau si arriva alle sculture di Francesca Romana Di Nunzio. Da trent'anni la scultrice lavora nel campo dello spettacolo, collaborando con artisti del calibro di Dario Argento, Lamberto Bava e Michele Soavi. “L'anatomia e la figura umana sono da sempre la mia massima attenzione”. Nascono, così, dalla rivisitazione di temi mitologici una piccola centaura e una sirena che, in realtà, rappresenta la deformazione genetica che porta i piedi ad unirsi fra loro.

 

L'attenzione dell'osservatore viene inevitabilmente catturata dallo sguardo di Kate Moss, che ha dato il volto a due opere del tutto simili, tranne che nel colore. “Oltre ad essere un'icona dei tempi moderni, è lo stereotipo dell'immagine sfruttata, di una vita tirata al limite – spiega Di Nunzio -. E' la vita femminile in crisi per l'esposizione”.

 

Infine, le anime ferite di Kwon Kyungyup, dai visi bendati a ricordo di un dolore spirituale che fa ormai parte del loro passato. L'artista coreana sarà alla Dorothy Circus Gallery il prossimo giugno con una personale, mentre Afarin Sajedi sarà ospite della galleria nel mese di aprile. Nel frattempo, Inside Her Eyes sarà visitabile fino al prossimo 22 di ottobre.


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