Quindici quadri di vario formato sono lo scenario di una esibizione virile di corpi di pugili dai visi eroici ma “senza corona”. Anche questa volta Paolo Bielli non si smentisce: che siano pugnali o squagli di colori informali e materici, o che invece affronti il figurativo, è sempre il dramma ad attirarlo, è sempre il risvolto minaccioso della vita il meccanismo che più lo interessa, nascosto o esplicito che sia. Pare che dai suoi quadri debba promanare una sensazione travolgente.
Come faceva per altri versi Sergio Lombardo per “Gesti tipici”, Paolo Bielli coglie lo stilema che tipicamente rappresenta il pugile nelle sue rappresentazioni più esemplari di forza, combattimento e crudeltà, tipici di uno sport tradizionalmente definito arte. Basta vedere solo la sagoma dei suoi pugili senza i dettagli all'interno, e solo dalla siluette riconosci subito che sono atleti di boxe, ma la sua analisi non finisce qui.
Infatti l'artista romano trova nel vigore fisico lo spunto per affermare anche la peculiarità erotica che i muscoli torniti di un atleta possono esprimere, evidenziando un contenuto inatteso ben espresso nel titolo dal tema La manager. i pugili e le loro amanti.
Un ring diventa la ribalta che va oltre il significato del nudo, in una rappresentazione teatrale resa potente da pennellate vigorose.
Si vedono pugili “eroici” che ricordano Jack La Motta, Primo Carnera, Mike Tyson, Cassius Clay e anche Emanuele Della Rosa, presente al vernissage.
Non è tutto piacevole: occhi gonfi, nasi tumefatti, sangue, corpi provati dal combattimento, la tragedia camuffata in gloriosa vittoria, con una molteplicità di riferimenti simbolici come pure molteplici sono le situazioni in cui si può trovare chi vede e condivide tale rappresentazione..
I quadri sono eseguiti ad olio su stoffe differenti: damascati, scozzasi, sete e lini grezzi, mentre all'ingresso della galleria Palazzetto Art Gallery i guantoni di Paolo sono posti sul pavimento come a suggerire una pausa di riflessione per chi ha appena sostenuto un incontro.
Stanno lì, pronti per essere usati, evocando una minaccia di riprenderli in caso se ne senta il bisogno, oppure una installazione scaramantica atta a voler proteggere l'operato dell'artista.
Niente di più inatteso in un periodo di tempi duri, dove bisogna combattere per avere garantita la sopravvivenza, dove la forza e la prontezza nell’ affrontare le avversità sono le uniche risorse per poterla spuntare, e già sopravvivere è eroico.
Insomma, ora che la vita è veramente difficile e non c'è spazio di illusione alcuna, i pugili sono tanti, e il modello della loro vita è quello che nella quotidianità molti praticano, spesso inconsapevolmente.
Di colpi duri se ne prendono, e quanti! Di “nasi rotti e occhi neri” ne abbiamo intorno a noi molti di più di quanto pensiamo … e molte cicatrici non si vedono!
Non so se Paolo Bielli pensasse a quello che è il riflesso sociale della sua rappresentazione, ma, se lo ha fatto, ha “centrato” in pieno una situazione che ci vede tutti sul ring.
Giovanni Lauricella
Ring (La manager dei pugili e le loro amanti)
di Paolo Bielli
a cura di Vincenzo Mazzarella
al Palazzetto Art Galley
di Roma
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