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18/11/24 ore

‘Educare attraverso la musica’ di Sara Salsano


  • Elena Lattes

Nell’ambiente che ci circonda c’è molta più musica di quanto saremmo soliti ritenere e cominciamo a sentirla ben prima di nascere. Basti pensare, ad esempio, al battito cardiaco e al respiro del feto che si adegua al ritmo di quello della mamma. Oltre a quella che percepiamo coscientemente, poi, esistono anche vibrazioni “nascoste” che viaggiano per esempio su frequenze molto gravi o molto acute.

 

La musica fa parte del nostro patrimonio identitario, culturale, sociale e religioso e, proprio perché sempre presente, fin dalla preistoria e fin da prima della nascita di ognuno di noi, essa può essere un ottimo strumento educativo, in collegamento anche con altre discipline.

 

A ben illustrare questa tesi è Sara Salsano in “Educare attraverso la musica” pubblicato dalla Zecchini Editore: “È stato dimostrato che i bambini, nei loro primissimi anni di vita, sono fortemente attratti dalla voce e dal suono degli strumenti melodici. Se ci pensiamo, ciò rappresenta un presupposto fondamentale per l’apprendimento linguistico prima ancora che per qualunque espressione artistico-musicale: data la predilezione per le infinite produzioni vocali, i bambini sono naturalmente spinti per imitazione a sperimentare le possibilità della propria voce, fino a imparare ad articolare i suoni e le parole della loro lingua madre, a comprenderne il significato e a servirsene per interagire con l’ambiente esterno.”.

 

L’idea di educare non semplicemente alla musica, ma attraverso di essa nasce da un progetto del direttore d’orchestra Daniel Barenboim che nel 2005 ha aperto un asilo in Germania, il Musikkindergarten Berlin nel quale i piccoli scoprono e sperimentano un percorso multisensoriale. il cui “punto di forza sta nel fondarsi sulle tappe di sviluppo psico-fisico dei bambini, sui processi di apprendimento e sulle ricerche neuroscientifiche su cui si fondano le varie teorie di riferimento.”

In alcune scuole, anche in Italia, viene seguito l’Orff-Schulwerk, un metodo che propone, per esempio, l’uso delle diverse sonorità prodotte da varie parti del corpo, come mani, piedi, gambe e così via. 

 

La musica, però, non coinvolge soltanto l’udito, né stimola unicamente il movimento, ma può ispirare anche le arti visive (basti pensare a Kandinskij o Klee). Inoltre la si può affrontare osservando i fenomeni legati agli strumenti (l’oscillazione dei corpi) e può essere associata anche agli studi tecnici, matematici e meccanici o a quelli di fisica e scienze, sperimentando da cosa dipendono le variazioni di timbro, intensità e l’altezza dei suoni.

 

Essa può perfino favorire un clima sereno ed inclusivo (che coinvolga, ovvero, allievi con abilità diverse) migliorando il benessere e aumentando l’empatia fra le persone coinvolte. Sarebbe perciò importante ampliarne l’offerta formativa nelle scuole di ogni ordine e grado, in modo tale che essa “possa entrare a far parte della quotidianità a prescindere dalle fasce d’età a cui ci si rivolge”.

 

Uno degli scopi, dichiarato, dell’autrice è perciò quello di “fornire agli insegnanti di altre discipline una nuova prospettiva, una chiave di lettura degli elementi musicali legati al proprio ambito professionale grazie alla quale ciascuno, secondo le proprie conoscenze, può trarre dei nuovi spunti di lavoro”.

 

Il libro è però rivolto anche ai genitori, i quali sono invitati ad impegnarsi affinché valorizzino la musica, educando i loro figli al suono e all’ascolto, cercando di ricorrere il meno possibile ai giochi elettronici “che producono effetti sonori di pari scarsa qualità”.

 

Un manuale, quello della Salsano, che è dunque di facile lettura e che offre interessanti spunti di riflessione anche a persone che non hanno un contatto quotidiano con i più giovani.

 

 


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