di Silvia Lanzani
Spie e informatori furono decisivi nel processo ai Templari. È quanto emerge dal nuovo libro di Barbara Frale, Secretum. Il ruolo degli informatori nel processo ai Templari (prefazione di Franco Cardini, ed. Nuova Argos, Collana ‘Segreti’ diretta da GFL, pp. 230, euro 10, info).
Nel pamphlet che si fonda su documenti in gran parte inediti, la storica, Officiale presso l’Archivio Segreto Vaticano, mostra come il processo ai Templari, per gli storici “il primo processo politico dell’età moderna”, si ordì e si mosse in un ginepraio inestricabile di informazioni e controinformazioni.
Un labirinto nel quale stanno insieme le tavolette di legno spalmate con la cera dei monaci guerrieri rinchiusi nelle prigioni reali e l’oscuro complotto di Filippo il Bello, che vuole mettere le mani sul tesoro del Tempio.
Cosa nasconderà la testimonianza oculare del domenicano Romeo di Brugaria o la quadam cedula di cui parla l’Avignonese 48?
Il 13 ottobre 1307 cadeva di venerdì. All’alba un drappello di soldati si presentò all’enclos du Temple, la grande magione fortificata che i Templari possedevano subito fuori le mura di Parigi, per arrestare tutti i frati. L’accusa era la più infamante che si potesse pensare per un Ordine militare e religioso: eresia.
La ‘Milizia dei poveri commilitoni di Cristo e del Tempio di Salome’ veniva accusata di aver tradito la fede. L’accusa comportava il sequestro del patrimonio dell’imputato. Non a caso Dante Alighieri nel suo ‘Purgatorio’ accusò il Re di Francia di aver distrutto il Tempio per pura avidità, mettendolo ‘a specchio’ con Ponzio Pilato.
La crisi finanziaria in cui versava il regno, insieme all’abilità pubblicistica di Guillaume de Nogaret, giurista e Cancelliere del sovrano, trasformarono una diffamazione – fake news, diremmo oggi – in una verità creduta dal popolino, dando origine alla ‘leggenda nera’ dei Templari.
In realtà, scrive Barbara Frale, “l’attacco era la conseguenza di una strategia pianificata da tempo: un ordine regio, diramato in segreto con un mese d’anticipo, autorizzato nell’abbazia di Maubuisson presso Pontoise il 14 settembre 1307 prevedeva che si accertasse preventivamente il numero dei frati guerrieri residenti in ciascuna precettoria perché, quando l’ordine di cattura fosse stato diramato, un numero congruo di armati potesse piombare in ciascuna sede e sedare ogni eventuale resistenza da parte dei presenti”.
Filippo fece entrare nel Tempio “dodici spie che, divenute frati, si misero a raccogliere minuziosamente quanto potesse essere funzionale al complotto del Re”. La macchinazione fu rivelata al pontefice dallo stesso avvocato regio, Guillaume de Plaisians.
Il processo ai Templari passò anche attraverso l’abile scelta di informatori che portarono a dama la loro missione. Vinsero quelli che seppero utilizzare meglio le informazioni – vere o false – raccolte nel dossier contro i Templari: Filippo il Bello e Giacomo II. Il primo ideò la trama, il secondo sfruttò gli eventi. Entrambi seppero garantirsi sicuri vantaggi economici dalla macchina del fango avviata contro il potente Ordine. E il Papa? Clemente V non riuscì a gestire la crisi, rimanendo vulnerabile all’attività di spionaggio francese e aragonese.
Ha perciò ragione Franco Cardini a scrivere nella prefazione al volume: “Diffidate pertanto della limpida, lineare, elegante esposizione del problema che Barbara Frale vi offre; cercate di sottrarvi alla sua magia formalmente cartesiana, alla sua chiarezza e distinzione. Se ne diffiderete, d’altronde, farete in effetti il suo gioco. Il suo racconto tende a dimostrarvi che niente è mai quel che sembra, che per ogni problema esiste sempre una soluzione semplice ed è regolarmente quella sbagliata […] Frale v’invita a seguirla su una strada che pare un bel rettifilo, ma vi guida in realtà all’interno di un labirinto. Cercate i segreti, siete assetati di mistero? Voilà, servitevi: a patto d’imparare che i segreti non sono mai quelli che sembrano esserlo; che il mistero non è tale perché non si lascia risolvere ma perché non si lascia vedere, non vuol mai farsi riconoscere per quello che è. Buona lettura, cacciatori di enigmi”.
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