Due ragazzini che vivono a Milano sono affidati al nonno materno, recentemente rimasto vedovo, affinché li porti in vacanza sulla costa romagnola. Loro sono due simpatici, allegri e spensierati gemelli di undici anni, Paolo e Danila Lombardo, cresciuti nell’agiatezza metropolitana dei nostri giorni e, benché figli di due culture diverse (il papà è siciliano cattolico, la mamma è un’ebrea del nord Italia), sanno poco o nulla della loro famiglia.
La convivenza con il nonno, sarà l’occasione per entrambi di conoscersi meglio: l’anziano riuscirà in un doloroso, ma progressivo processo, ad affrontare i periodi più tristi e bui del suo passato, rivivendoli anche attraverso il presente, con l’aiuto dell’ingenuità e della curiosità dei nipoti. Questi ultimi scopriranno una realtà che ignoravano e capiranno le motivazioni delle ritrosie del loro “baby sitter” temporaneo.
Lidia Maggioli, in “Sognando il cavalluccio marino” pubblicato da Panozzo Editore, racconta così, in maniera semplice e adatta ai più piccoli, la vicenda delle leggi razziali e delle deportazioni naziste subite da un bambino, sopravvissuto fisicamente, ma che non è ancora mai riuscito a rielaborare le ferite che dentro di sé ancora sanguinano.
L’io narrante del breve romanzo di fantasia, ma ispirato alla triste realtà, è Paolo che nel suo diario si presenta, racconta della sua famiglia e di questa nuova avventura estiva. La storia si intreccia tra il presente della bella vacanza agiata dei tre e il passato che affiora lentamente.
Nella prima parte specialmente, le differenze di età e di generazione si percepiscono in tutto il loro stridore: i bambini che giocano e si tuffano, hanno incontri e fanno esperienze eccitanti e il cui unico pensiero sono i compiti delle vacanze a fronte di un nonno schivo e riservato con un grosso bagaglio di esperienze, all’inizio un po’ misteriose, che si rifugia tra le pagine di un libro sotto l’ombrellone pur senza mai perdere di vista i nipoti: “’Perché non ti piace il mare?’ gli ha chiesto Danila oggi pomeriggio.
Eravamo stesi ad asciugarci al sole. Le nuvole e gli aquiloni volteggiavano sulla nostra testa. ‘Non mi piace in estate quando fa troppo caldo, mi ricorda delle brutte cose. Non è come per voi che considerate tutto questo un puro divertimento.’ (…) Peccato che il nonno rinunci a questo piacere. Lo vediamo fermo a controllarci, affaticato per un compito che non ha scelto e che lo preoccupa.”
Man mano che gli arcani si svelano e le differenze si spostano sul piano temporale e su quello delle relazioni esterne, i ragazzini diventano più consapevoli: “Le ho fatto presente che ne conosciamo già due, e quella del nonno è sicuramente la più importante tra le storie che abbiamo conosciuto finora. (…) ci stiamo chiedendo se al nonno faccia piacere che intoniamo canzonette dopo quello che ha dovuto rivangare nella memoria e in fondo al cuore. ”; mentre il nonno si apre e partecipa più volentieri e con più complicità alle attività dei nipoti “Nostro nonno ci sta aspettando in soggiorno, pare intenzionato a unirsi al gruppo”.
L’autrice, che è stata insegnante di storia e filosofia e dirigente scolastico, ha il merito di accompagnare delicatamente i piccoli lettori in un percorso emotivo di immedesimazione con le vittime e di riflessione su un periodo terribile della nostra storia nazionale.
Forse, però, poiché molto concentrata su questo aspetto, i dati e la realtà sono un po’ trascurati. Potrebbe essere una strategia per stimolare il lettore ad approfondire l’argomento?
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