Giuseppe Calvetta diplomatico di lungo corso si è cimentato in una avventura intellettuale intrigante ed ambiziosa. Nel suo saggio 'Le rivoluzioni del Novecento. Un secolo attraverso lo sguardo di un diplomatico' (ed. Franco Angeli), l'autore si pone l'obiettivo di reinterpretare il XX Secolo alla luce di chiavi ermeneutiche originali; talora in palese polemica con il pensiero dominante.
Un primo aspetto da mettere in rilievo è la sua esplicita critica alla celebre definizione del Novecento come "secolo breve". La definizione dello storico Eric Hobsbawn non convince l'ambasciatore Calvetta. Per l'autore, Hobsbawn - nel suo famoso volume 'The Age of extremes:the short-range twenty century' - misura il novecento essenzialmente nell'arco temporale 1917-1991, come se la chiave interpretativa fondamentale del secolo fosse soltanto la nascita, lo sviluppo e la morte del comunismo sovietico. Ad avviso del diplomatico - per quanto rilevante - questa vicenda non può essere considerata la stella polare con cui caratterizzare un intero secolo.
Per Giuseppe Calvetta la periodizzazione 1917-1991 è fuorviante e comunque decisamente riduttiva. Altro che secolo breve... il Novecento è da considerarsi a tutti gli effetti un secolo "lungo", durante il quale si sono sviluppati ed alternati una vasta gamma di radicali mutamenti su una molteplicità di piani: dalla politica, all'arte, alla vita civile, alla ricerca scientifica, ai movimenti di azione collettiva.
Partendo dalla ricchezza di questa realtà complessa e multidimensionale, Calvetta definisce il Novecento come un secolo "lungo, anzi molto lungo ", non soltanto molto lungo, ma anche "molto denso". E' proprio questa profonda densità a spingere l'autore a definire il Novecento come il secolo delle molteplici rivoluzioni. Da un lato quelle di impronta politico-messianica quali comunismo e nazismo pur nella loro radicale diversità, dall'altra l'irrompere delle grandi rotture musicali, artistiche e linguistiche per non parlare delle rivoluzioni tecnologiche destinate a mutare alla radice la vita quotidiana delle persone.
Industria e tecnologia (compresa la tecnologia bellica) scandiscono il ritmo di un secolo assai complesso e variegato che difficilmente si può riassumere in una definizione sintetica e tanto meno in una formula unitaria. Sotto questo profilo l'ambasciatore Calvetta si cimenta in un interessante tentativo di periodizzazione. Lo spartiacque è la seconda guerra mondiale. La prima metà del secolo e a suo avviso completamente dominata dalla dialettica amico/nemico ed i protagonisti assoluti sono gli stati nazionali. Dopo il 1945 - nonostante il bipolarismo - l'autore sottolinea una marcata e significativa propensione ad una maggiore cooperazione multilaterale.
Questa visione è certamente influenzata dalla ricca e vasta esperienza professionale dell'autore nelle Rappresentanze d'Italia negli organismi e nei fori internazionali. In effetti questa ipotesi rappresenta forse l'aspetto più controverso del volume. Se nella prima parte del XX secolo protagonisti e antagonisti sono le ideologie, le utopie e le visioni del mondo nella seconda lambasciatore calvetta vede aprirsi più spazi nella cooperazione tra gli Stati.
In questo ambito l'autore colloca in particolare l'Unione Europea che definisce una esperienza "insolita". Non c'è qui lo spazio per descrivere le molteplici chiavi in cui si articola l'approccio analitico del volume, ma certamente meritano una citazione specifica i paragrafi dedicati all'ultimo decennio del secolo. Quella fase particolarmente dinamica e drammatica degli anni novanta che si articola per poli opposti. Da un lato la vittoria di Mandela in sud Africa ed il successo della democratizzazione dei Paesi dell'Est Europa, dall'altro le tragedie dei nostri giorni i cui nomi sono a tutti ben noti: Somalia, Rwanda, Sebrenica.
Siamo arrivati così alla vigilia del 2000 ed al fatidico 11 settembre 2001: un rapporto diretto con le vicende odierne le cui radici il lavoro dell' ambasciatore Calvetta contribuisce certamente ad illuminare. Il volume, infatti, consente sia lo sviluppo di nuovi schemi interpretativi, sia di valutare in tutta la sua rilevanza il grande peso della historical legacy del novecento sulla realtà contemporanea.
Marco Mayer
(Docente di Cyberspace and International Relations, Scuola Superiore Sant'Anna, Pisa)
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