di Picardo
Non si eredita mai senza confrontarsi con uno 'spettro' che abita il passato ma anche il presente del pensiero. La parola tedesca per l'appartenenza proviene da Martin Heidegger, ed è Zugehorigkeit: all'interno risuona Hören, che significa ascoltare. La responsabilità dell'erede lo chiama al compito di portare, come nei versi, terribili, di Celan ("il mondo non c'è più, io devo portarti...").
Dopo la recente pubblicazione dei Quaderni neri di Martin Heidegger, sono stati organizzati congressi internazionali, seminari e conferenze in tutto il mondo. Il dibattito ha varcato i confini dell’Accademia e si è guadagnato le prime pagine dei quotidiani. Era molto tempo che il pensiero di un filosofo non sollevava un interesse simile, e per giunta in toni molto accesi.
La questione dell’antisemitismo ha messo in dubbio, per alcuni, l’intero lascito del filosofo di Meßkirch; altri, sul fronte opposto, hanno negato l’esistenza stessa di un problema, come se i Quaderni neri non fossero mai stati pubblicati. Donatella Di Cesare, professore ordinario di Filosofia teoretica alla Sapienza di Roma, è assoluta protagonista di questo dibattito internazionale.
Nel suo libro 'Heidegger & Sons', la filosofa si interroga sul futuro del filosofo tedesco. Mette sul piatto domande scomode, perché vere, nate dalla ricerca. Domande da cui non si può scollinare: dobbiamo abbandonare Heidegger o dobbiamo fare ritorno a Meßkirch? Ripudiare il padre o difenderlo ciecamente? Tertium datur: occorrerà forse pensare con Heidegger contro Heidegger, percorrere un’impervia terza via, per giungere, traendo sostegno dalla forza del suo pensiero, a posizioni che, certo, non gli sarebbero piaciute.
La riflessione della Di Cesare sul lascito del filosofo traccia pagine che vanno gustate e approfondite. Non solo per la preparazione di chi le scrive 'sul campo', praticando da anni il Denken anche in terra tedesca, ma soprattutto per i rimandi alla storia di Heidegger, intrecciati con la storia di un'inquieta ricerca che accomuna tutti coloro che si pongono in viaggio di senso.
Non c'è stata una 'Norimberga filosofica' contro Heidegger con la pubblicazione dei Quaderni neri, né sarebbe servita. Serve, invece, leggere Heidegger. Tutto Heidegger. Eredi è parola difficile, "abitare responsabilmente questa ingiunzione, attraversata da una tensione interna, implica essere a un tempo fedeli e infedeli".
Nella narrazione filodica di Donatella Di Cesare si insiste, a ragione, sul ritorno a Meβkirch. Tutto è nato nella baita, il rifugio di Todnauberg. Le suggestioni che evoca la filosofa scendono nell'animo e invitano ad andare oltre: "Il suo pensiero è legato a quel luogo, dove la meditazione non cerca ampiezza ma profondità, per risalire alla fonte della filosofia, all'altro inizio. E così la Hütte, se la si osserva di profilo, dove il tetto tocca il pendio, e la baita sembra a sua volta ripararsi nella natura, appare metafora della fenomenologia, di una vigilanza paziente, pronta ad accogliere e custodire quel che dal suo nascondimento viene alla luce e si manifesta.
Heidegger è stato il filosofo del movimento. Con le sue anarchitetture, ha squassato dal fondo la filosofia del Novecento. Ma nella sua dinamica personale al movimento ha sempre rinunciato. Il più spaesante dei filosofi ha aggirato la spaesatezza. Non ha mai varcato l'oceano. A parte qualche raro viaggio, il Meister aus Deutschland ha preferito la prossimità dei paesaggi d'infanzia. Boschi, colline, legna da ardere, sentieri, libri consunti, corridoi antichi, campane serali: ecco il suo da, il 'ci' del suo esserci....". Se un aperto si dischiude, è solo la Lichtung, la radura tra abeti e betulle. I suoi sentieri conducono dove si è già da sempre. Sono Holzwege, provvidamente interrotti da insormontabili pile di tronchi. E' Ankunft, arrivo a casa. La filosofia è Heimweh, nostalgia, e "un impulso a essere ovunque a casa". Purché, avverte Heidegger, "non ci sentiamo ovunque a casa".
Il pensiero di Heidegger, il filosofo figlio di un mastro bottaio e sagrestano della chiesa di Saint Martin a Meßkirch, nipote di un ciabattino saggio, abita l'Occidente, la Terra della sera. Nel prendere commiato dalla madre, Johanna Heidegger, il filosofo depose sul suo letto una copia del suo Sein un Zeit, fresco di stampa. Quel libro è rimasto nelle vene della filosofia.
Come il suo amore heimatlos, condannato a essere nomade, destinato all'erranza. Heidegger gira per le vie di Heidelberg, dove Hannah Arendt si è trasferita, nella speranza di imbattersi in lei improvvisamente. L'amore è Ausbruch, un'irruzione improvvisa nel tempo. L'altro inizio è inizio dell'altro. Ma anche lotta allo Schicksal, al destino.
Tra la sinistra heideggeriana, le riflessioni su amore ed evento e il vero ''segreto' di Heidegger, queste pagine aiutano a percorrere vecchi fronti e nuove costellazioni. E a confrontarsi, perché ciascuno di noi - nella sua inquietante intimità - è dialogo. Geheimnis, parola chiave della filosofia di Heidegger, "è il movimento misterioso, e sempre unheimlich, inquietante, di un accesso alla dimora, Heim, all'intimità ineffabile.
Geheimnis è la dimensione stessa della filosofia, e di una verità, che non può essere degradata all'evidenza né ridotta alla corrispondenza, perché è la verità di un evento che giunge da un fondo oscuro e nascosto, e svelandosi non fa mistero della sua vincolante, irrinunciabile velatezza". Questo è un libro davvero da leggere.
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