Ci sono storie che hanno un’anima. Senza tempo, perché sanno scendere in profondo raccontando voci e lotte con il destino. Favole come quelle narrate dai contadini d’inverno, accanto al camino di pietra, che educano i bambini ma riscaldano anche il cuore dei grandi.
I giornalisti Vittorio Amato e Lucia Trotta nella favola ‘Re Scorfano e il tesoro di Strombolicchio’ (Marlin editore, pp. 32 illustrate a colori dai vivaci disegni di Federico Appel, euro 10), raccontano un viaggio nel pensiero umano, nei suoi smarrimenti e ritorni a uno scoglio che resta tra le acque, ma anche un invito a dare sempre campo alla speranza, a tirare fuori il coraggio dal ‘toolbox’ che ci portiamo dentro per ribaltare le vicende e provare, almeno qualche volta, a far vincere il Bene.
“C’era una volta un isolotto in mezzo al mare. Alto e roccioso, nero come la lava del vulcano che sbuffava di fronte. Si chiamava Strombolicchio e sulla punta aveva un faro bianco e azzurro…”, è l’incipit di questa favola che prende per mano il lettore e lo accompagna in una storia che sa di amicizia e di ideali, di pensieri tenuti controvento, alla ricerca di qualcosa che non si vede, eppure esiste.
Nelle pagine di questa storia danzano, ineguali come le onde che respirano sulla sabbia, cupidigia e lealtà, desiderio di prevaricare e fedeltà per difendere castelli e tesori che prima di essere muri di pietra o oggetti, sono spazi dell’anima e conquiste di umanità.
Giù nel blu delle acque ci sono vicende che neanche Zazà, la vecchia guida della montagna vivente, conosce. Sotto le rocce, rispettando anche gli inferi, c’è un mondo magico e segreto, dove i pesci possono vivere anche fuori dell’acqua. Il sovrano, il Grande Scorfano rosso – permaloso e brutto, oltre che ricco - riposa nelle sue certezze, sul trono di cristallo, mai temendo che qualcuno possa attentare allo scrigno che custodisce gemme e prestigio. Arturo, un piccolo delfino bianco, era il guardiano del faro, l’unico a conoscere il passaggio segreto che conduce al palazzo del re e di sua moglie, l’aristocratica aragosta Ingrid, abituata al freddo dei mari del Nord.
Il tempo scorre tranquillo nel regno, ma un giorno spunta l’ombra di Barbalù. Il terrore dei mari del Sud vuole mettere le mani sul tesoro di re Scorfano. Cattura Arturo, costretto a rivelare la strada che porta all’antro segreto. Il castello è in pericolo, tutto sembra perduto sotto i colpi di cannone della nave con la bandiera nera. I pirati piombati all’improvviso sul castello con l’insegna del teschio,ingaggiano battaglia con le guardie pinnate di re Scorfano.
Ma il delfino bianco non ci sta:incatenato e guardato a vista da un feroce bucaniere, con un colpo d’ingegno si libera e chiama i pesci alla riscossa. Inizia un nuovo tratto di mare da percorrere, mettendo insieme la forza per avere la meglio sulle ombre di Barbabù. L’inchiostro delle seppie negli occhi dei bucanieri è promessa di rivincita, la piovra Carmela –sbucata all’improvviso dagli abissi dopo una lunga attesa- farà il resto. Anni addietro Barbablù le aveva cavato un occhio per sottrarle il tesoro che custodiva. Ma il tempo è signore, e dà le carte al momento opportuno. Stavolta i tentacoli del ‘mostro’ non servono per imbrigliare, ma per far avanzare la libertà. Così il pirata si ritrova sugli scogli, i suoi compari impigliati nella rete dei cavallucci marini.
Il sale del mare di Strombolicchio coglie l’esito della battaglia, e marca differenze. Il tesoro di Re Scorfano è salvo, il ghigno dei pirati è solo un brutto ricordo. Ma anche il delfino Arturo è diventato grande perché non si è rassegnato alla sua condizione di prigioniero: si è messo in gioco contro nemici più grandi, perché anche nel mare c’è un tempo in cui occorre rischiare e schierarsi sapendo che ne vale la pena. Il vulcano sbuffava per la gioia quando il sole colse uomini e pesci alla fine di una storia che insegna il valore dei sentimenti, cogliendo la bellezza di un’avventura che guarda lontano. E più in profondo.
Il ricavato di questo libro sarà devoluto al reparto di oncologia pediatrica del Policlinico Umberto I di Roma diretto dalla prof.ssa Anna Clerico.
Salvatore Balasco
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