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17/11/24 ore

Democrazia in Europa secondo Mario Monti e Sylvie Goulard


  • Silvio Pergameno

Democrazia in Europa” è il titolo di un saggio di Mario Monti e Sylvie Goulard che Rizzoli ha pubblicato lo scorso novembre e del quale non vogliamo offrire certo una presentazione a vari mesi dalla comparsa in libreria, quando ormai tutti coloro ai quali poteva interessare lo avranno sicuramente già letto. Una riflessione piuttosto, che a tale intento il lavoro dei due tecnici laureati in Europa sicuramente offre materia.

 

Mario Monti lo conosciamo tutti e Sylvie Goulard è marsigliese, parlamentare europea appartenente al Mouvement Démocrate di François Bayrou – centro destra, alla francese, peraltro, con presenze laiche e cattoliche - e collaboratrice di Romano Prodi al tempo in cui è stato Presidente della Commissione Europea): più carte in regola di così ….

 

 Monti è un europeista a tutto tondo, come appunto “La democrazia in Europa” ampiamente testimonia. Nel saggio infatti la prospettiva di un’Europa veramente unita è tanto ampiamente condivisa, quanto (altrettanto ampiamente) rinviata quando si scende sul terreno delle realizzazioni, in un clima che assomiglia stranamente all’andamento delle nostra prima repubblica, della quale è impossibile dimenticare l’ immobilismo mascherato.

 

 È proprio lo svolgersi del percorso europeista dei decenni a partire dal secondo dopoguerra che dimostra la necessità di un salto di qualità, perché il risultato ne è stata la ricostruzione degli stati nazionali, attraverso quel coordinamento loro politiche economiche, che ha consentito di superare le difficoltà che via via si ponevano. E così ci troviamo oggi in un rinnovato quadro di scontro fra interessi nazionali, che poi raggiunge qualche modesto risultato proprio aggirando le normali procedure democratiche

 

Monti e Goulard concludono la loro fatica con un invito: l’invito a guardare lontano, di contro a politiche nazionali a vista corta, in particolare nei momenti elettorali; ma non compiono alcuno sforzo per cogliere i problemi nella loro concretezza, che è strettamente politica e di fronte all’inadeguatezza, non nascondibile, dei risultati si limitano a suggerire quali sarebbero le esigenze da soddisfare sul piano istituzionale: è la strada che ha portato alla lunga elaborazione della costituzione europea, poi bocciata dai referendum in Francia e in Olanda: il problema è politico, non giuridico – istituzionale,  e risultati in questo ambito potranno essere l’esito soltanto di battaglie politiche vinte.

 

Gli autori del saggio sono convinti che le sorti della democrazia in Europa sono legate alla costruzione dell’Europa e sono altrettanto convinti del fatto che esistono gravi deficit di democrazia al livello delle istituzioni europee (a cominciare dal Parlamento europeo che non fa leggi e che non controlla un governo europeo - che in effetti poi non c’è); eppure, proprio percorrendo una dopo l’altra le pagine del loro lavoro  ci si rende conto del perché l’Europa fa sempre un passo avanti e due indietro: non c’è anima, non c’è tensione verso il futuro, non c’è ricerca di identità: oggi il problema è che la democrazia si costruisce in Europa non soltanto per la ragione che il livello dei problemi e dello scontro politico è di dimensioni continentali, ma perché la democrazia, costruita in Europa nel secolo diciannovesimo attraverso il veicolo dell’idea di nazione, è stata distrutta in Europa il secolo successivo.

 

Costruire la democrazia in Europa significa allora confrontarsi con le tragedie del secolo ventesimo e con le violentissime passioni che nella prima metà del secolo passato la democrazia la hanno distrutta, senza che nella seconda metà i problemi siano stati affrontati: ancora oggi l’analisi del fascismo e del nazismo non affronta la questione di fondo, che è quella che i movimenti totalitari, più che distruggere la democrazia, sono stati la conseguenza di una crisi della democrazia che già era in una fase avanzata e alla quale è stato dato il colpo di grazia.

 

Tanto è vero che oggi continuiamo a confrontarci con gli stessi problemi di un tempo: isterilimento della democrazia che non scalda i cuori dei cittadini, incapacità dei partiti di fare politica vera affrontando i problemi del tempo attuale, attaccamento all’antifascismo come argomento di sopravvivenza, reiterazione di movimenti qualunquistici, grillini, leghisti, pujadisti…. con una Francia, anche con i governi di sinistra,  alla perenne ricerca di un ruolo mondiale che non riesce rivestire (basti considerare i fallimenti del postcolonialismo nel confronto soprattutto con l’evoluzione politica del terzo mondo, mentre la “primavera araba” fallisce…), con una Germania che, tutta per fatti suoi, prosegue nella politica della “spinta verso oriente” e ricerca un suo seggio permanente al Consiglio di sicurezza dell’ONU e con un’Inghilterra che rema costantemente contro … e tutta la triste vicenda del mezzo secolo di traccheggiamenti e dilazioni che alla fine ha costretto la Turchia, l’unica democrazia in un paese islamico, a cercarsi una strada autonoma tra le mille tensioni del Medio oriente … con l’intensificarsi delle polemiche antieuropee …

 

 Guai a far notare ai partiti che destra e sinistra sono riferimenti superati: ma come trascurare il fatto che proprio le dittature del secolo passato hanno potuto ottenere consenso innestando sull’esaltazione nazionalistica il problema sociale, con connotazioni anticapitalistiche accentuate proprio nella Germania nazista; che il linguaggio dei sindacati di destra non di rado si confonde con quello dei sindacati di sinistra; che la politica di Tony Blair si è innestata su quella di Margaret Thatcher; che il socialismo, nato internazionalista, si è pienamente nazionalizzato …

 

Mario Monti e Sylvie Goulard non riescono in definitiva a uscire dal percorso che ha portato alla redazione della costituzione europea e alla batosta dei referendum in  Francia e in Olanda tra il maggio e il giugno del 2005, che - con il loro esito negativo – hanno inflitto una severa battuta di arresto al processo di integrazione del continente. Chi vuole l’Europa deve alzare il tiro.

 


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