Selma Meerbaum-Eisinger era una diciassettenne di Czernowitz, un paesino della Bucovina, regione confinante tra l'Ucraina e la Moldavia che, dal dominio dell'Impero Austroungarico, passò al governo rumeno per poi subire l'occupazione sovietica e infine quella nazista.
Cugina del poeta e scrittore Paul Celan, Selma stessa fu poetessa precoce e giovane di rara sensibilità. Ragazza vivace, allegra e sorridente, fu perseguitata e deportata, insieme ai suoi genitori e ad altri circa cinquemila ebrei, nel campo di lavoro nazista di Michajlovka, nelle steppe desolate dell'Ucraina, dove, non ancora ventenne, morì di stenti e di tifo nel 1942.
A ripercorrerne la breve esistenza è Francesca Paolino ne “Una vita” Edizioni Del Faro. Un piccolo libro che non è una semplice biografia, ma molto di più. L'autrice, infatti, descrive l'ambiente nel quale Selma nacque e crebbe, fornendo notizie importanti sia di carattere storico che culturale e sociologico: vi si trova un'ampia descrizione della storia del movimento scoutistico ebraico (e in seguito socialista) Hashomer Hatzair e non mancano le notizie di coetanei e parenti che ebbero modo di condividere con lei alcune delle tappe fondamentali della sua vita.
Sebbene non sia, quindi, un libro “solo” su Selma, anche se il titolo e la fotografia di copertina lo possano far sembrare tale, è fondamentale e importante per far conoscere in Italia questa figura che, se non fosse stata brutalmente eliminata dalla furia nazista, sarebbe probabilmente divenuta famosa, forse anche più di suo cugino.
Ne “Una vita” vengono riportate alcune poesie della giovane, dalle quali traspaiono sia i sentimenti profondi di una ragazza intelligente e matura, sia quelli comuni a tutti gli adolescenti; Selma è sì precoce, ma dai suoi scritti traspare tutta la sua giovinezza: la sofferenza per amori non corrisposti, l'attaccamento e la fedeltà alle amiche più care, l'inquietudine per il futuro e tanto altro ancora.
Un altro elemento che colpisce è il netto contrasto fra la vivacità di un'adolescente piena di vita e l'atmosfera cupa e necrofila di regimi dittatoriali invasori e distruttivi.
Un libro “concentrato”, triste e avvincente ma che fornisce anche speranza e insegna quanto la vita di una sola persone può essere importante per l'umanità intera e quanto, quindi, sia una tragedia la sua soppressione.
Elena Lattes
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