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19/11/24 ore

POESÌ di Rino Mele. Improvviso cumulo di pietre sul respiro



Il terremoto del 6 febbraio è stato un severo maestro, ci ha ricordato - è una lezione che avremmo già dovuto avere imparato mille e mille volte - che la nostra compulsiva continua violenza, instancabilmente esercitata tra noi, è solo paura d'esser nati: forse per questo - sporcandoci il volto di sangue - continuiamo a uccidere uccidendoci.

 

 

 

 

RINO MELE

 

 

Improvviso cumulo di pietre sul respiro 

 

Ma come hanno fatto migliaia di bambini a morire 

senza sapere cosa sia uscir 

fuori da se stessi, 

precipitare lontani dal respiro?

La notte s’apre in un bagliore che avvampa, 

brucia i pensieri,

li converte in spasmi, 

gridi furenti salgono dalle radici dell’ansia originaria 

e sembra si stacchino 

dalle parole, si sfanno nelle pietre.

Aleppo che era già morta, ora torna a morire, nuove 

macerie ritrovano 

quelle che le hanno precedute: le onde 

di una pietrificata lava 

scorrono ferme nella ripetizione del male.

Sui monti dell’Anatolia i morti 

gridano con la bocca dei vivi, sembra un gioco: i vivi 

muti, e i morti che piangono.

La notte del 6 febbraio 2023, gli animali sentirono

il correre cieco del nulla, 

il suo inconoscibile vibrare: la notte 

aveva una veste 

bianca che la luna strappava inorridita: 

dai corpi diventati pietra e rena e calce la vita 

fuggiva e non smettevano 

i continui gridi. Quella notte fredda, il terremoto 

s’è sovrapposto alla guerra, 

al buio torneo di sangue per crederci eterni. 

Quando la terra trema 

nel terrore delle pietre che seppelliscono 

diventa risibile la superbia 

dei soldati intenti a svuotare fragili vite invidiando 

il nemico: il vento del respiro, il pensiero, 

lo splendore del cielo. 

C'era la neve quando il terremoto 

ha seppellito i vivi e, vivi, i morti sono rimasti a gridare.

La neve smorzava i suoni, sembrava s'affacciassero 

gatti giganti e linci 

ad azzannare i bambini che piangevano nel sonno 

e chiamavano la madre per essere svegliati.

Tutto s'è fermato 

tra due labbra di marmo che non parlano più.  

 

 

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Rino Mele (Premio Viareggio Poesia 2016, terna finale con “Un grano di morfina per Freud", ed. Manni) scrive, il venerdì e il martedì, su “Agenzia Radicale”. Dal 2009 dirige la Fondazione di Poesia e Storia. Il nome della rubrica è “Poesì”, come nel primo canto del “Purgatorio” Dante chiama la poesia.

 

 

 

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