Natale è diventato il contrario di se stesso, si fa festa, si grida, un teatro continuo ed osceno per dimenticare.
Dovremmo aprire il silenzio ed entrarci.
RINO MELE
Sapere d'esser nati
Dai racconti di Natale i bambini
apprendono d’essere nati,
sanno l’aceto e il sale
su quella notte,
imparano che si nasce
nudi
come gli animali,
e le grandi
stelle scendono e sembrano
un mare
su quel dolore.
I bambini ascoltano e chiedono
se sia vero che Gesù
premeva le sue manine
nella creta
e formava piccoli uccelli che
volavano via dalle dita.
Guardano
l’asinello,
Il vitello che trema, e scalcia
per il freddo,
hanno appreso che si è esposti
alla morte,
ed essa ci dorme accanto
quando nel sonno sperdiamo
la strada.
Il giorno azzurro di Natale
è un abbecedario,
ogni figura è tremenda,
ha una diversa voce
che si addolcisce e divora:
la madre
uccide la gallina,
Il pastore scanna l’agnello,
Il re Erode il bambino più vicino.
C’è un grande vento stasera,
che porta tutti via,
resta Gesù appena nato
nel deserto
e i cavalli alti dei Magi
che girano intorno alle loro
ombre prima di tornare.
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Rino Mele (Premio Viareggio Poesia 2016, terna finale con “Un grano di morfina per Freud", ed. Manni) scrive, il venerdì e il martedì, su “Agenzia Radicale”. Dal 2009 dirige la Fondazione di Poesia e Storia. Il nome della rubrica è “Poesì”, come nel primo canto del “Purgatorio” Dante chiama la poesia.
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