È come tuffarsi in un lago di notte e non vedere più la riva, per tornare. Queste elezioni, qualunque sia il risultato stasera, sono state confusissime, e sregolate. La consapevolezza di dovere, ancora una volta, votare con una legge elettorale irragionevole e iniqua (il Rosatellum, Legge 3 novembre 2017, n. 165) ha creato in noi cittadini una diffusa condizione di estraneità e sconforto.
RINO MELE
Domenica 25 settembre 2022
Mi rimane dell'infanzia un armadio con uno stretto
specchio, vi guardo
un deformato passato, il volto di mia madre,
ciò che resta della guerra,
l’elmetto di mio padre, che misuravo
da bambino, ricordo un giardino e le lumache
pudiche tra le piccole dita
delle mie mani.
C’era il fascismo e la seconda guerra non finiva,
vedevo nel cielo virare gli aerei,
una mattina azzurra uno di essi non riuscì a sfuggire
alla sua disperata scia di fuoco
prima di scomparire,
cadendo. Oggi è un giorno - qualunque cosa accada -
che entra nella storia,
vorrei fosse già passato, confinato
in quell’armadio che conserva
le cose che non ho più. Uno di quei giorni in cui
tutto si biforca, i rami, i sentieri,
il dolore di pensare, quel poco amore che ci sfugge,
come l’acqua quando si versa
e prende imprevedibili vie, l’incerto enigma
di un consumato andare.
Oggi si va a votare e bisognerebbe scapparsene.
Io voto ma, solo dopo, voci sconosciute
mi diranno chi ho votato,
come un cieco che non vede il bianco
del suo bastone. Siamo in una grande piazza
gremita e la folla
ci schiaccia nei suoi urli: ma è vuota,
c’è la luna in alto, muta.
Queste elezioni sono un fiume in secca,
ognuno sale su una barca tirata a stento dai remi
sulle pietre.
Sogniamo d'essere sulle quattro pareti della Tomba
del Tuffatore, in un vano simposio tra il nulla
e il vuoto amore:
sotto il coperchio di pietra, un giovane
si tuffa, fermo
nell'aria. È il morto, nudo, che non muore più.
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Rino Mele (Premio Viareggio Poesia 2016, terna finale con “Un grano di morfina per Freud", ed. Manni) scrive, il venerdì e il martedì, su “Agenzia Radicale”. Dal 2009 dirige la Fondazione di Poesia e Storia. Il nome della rubrica è “Poesì”, come nel primo canto del “Purgatorio” Dante chiama la poesia.
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