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19/11/24 ore

POESÌ di Rino Mele. Monte Sole



Nella strage di Sant’Anna di Stazzema, in provincia di Lucca, il 12 agosto 1944 furono trucidati 560 corpi viventi, uccisi come ombre concrete, in uno sconcio vento: tra essi 130 bambini. Quasi due mesi dopo, nelle valli di Monte Sole, tre paesi furono dilaniati dalle zanne dell'eccidio, Marzabotto, Grizzana Morandi, Monzuno, sull'Appennino emiliano, 775 vittime, quasi la morte avesse invaso anche il respiro in quella fine dell'estate. Un efferato diluvio: iniziò il 29 settembre e sembrò terminare il 6 ottobre quell'inarrestabile sangue. Gli ultimi otto versi dei 44 di questo mio testo di poesia, scritto oggi, li ho pubblicati due giorni fa, il 4 ottobre, su "Cronaca", il titolo è "Marzabotto".

 

 

 

 

Rino Mele

 

 

Monte Sole

 

 

I tedeschi si mossero da Pietrasanta, sulla costa toscana, 

arrivarono a Sant'Anna di Stazzema

per impervi sentieri 

alla fine della notte, nell'angustia stretta delle strade 

entrando nel sonno bianco 

di chi non aveva dormito. 

Gli uomini erano scappati nei boschi per l'orrore della 

deportazione, 

rimasero le vittime ad aspettare. 

Sembrava la prova di scena di un film

quel ventaglio di soldati che 

s'allargava sempre più. Gli elmetti chiusi sui musi acuti, gli 

occhi fissi sulla preda, 

aprivano a calci le porte, solo bambini e donne,

e i vecchi 

che si vergognavano.

Venivano portati fuori dalle case, spinti, trascinati. Strappati

dalla loro stessa carne, 

stupiti del loro soffrire. Negli slarghi delle piccole 

strade, sulle aie, 

nella cenere dell'alba 

furono uccisi: il suono dei mitra sembrava una musica al 

contrario, verso l'inizio del male. 

Vennero usate anche le baionette - per macabro 

gioco - col corpo di una donna, 

gonfio di vita. 

La bambina più piccola uccisa si chiamava Anna, aveva

venti giorni. Bruciarono 

ogni cosa nella fretta di cancellare. 

Due mesi dopo, anche a Marzabotto, nei paesini di Monte Sole, non 

ci furono ripari per contrastare il male: 

gli uccisi 

entrarono nella morte 

come avessero scardinato una porta leggera,

i muri sporchi 

di calce, la strada che torna su stessa e non sa terminare.

Nella pioggia, i cani aspettano i richiami 

che non udranno più, 

continuano a correre dentro il sangue e lo strazio. 

 

 

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Rino Mele (Premio Viareggio Poesia 2016, terna finale con “Un grano di morfina per Freud", ed. Manni) scrive, il venerdì e il martedì, su “Agenzia Radicale”. Dal 2009 dirige la Fondazione di Poesia e Storia. Il nome della rubrica è “Poesì”, come nel primo canto del “Purgatorio” Dante chiama la poesia.

 

 

 

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