Nella strage di Sant’Anna di Stazzema, in provincia di Lucca, il 12 agosto 1944 furono trucidati 560 corpi viventi, uccisi come ombre concrete, in uno sconcio vento: tra essi 130 bambini. Quasi due mesi dopo, nelle valli di Monte Sole, tre paesi furono dilaniati dalle zanne dell'eccidio, Marzabotto, Grizzana Morandi, Monzuno, sull'Appennino emiliano, 775 vittime, quasi la morte avesse invaso anche il respiro in quella fine dell'estate. Un efferato diluvio: iniziò il 29 settembre e sembrò terminare il 6 ottobre quell'inarrestabile sangue. Gli ultimi otto versi dei 44 di questo mio testo di poesia, scritto oggi, li ho pubblicati due giorni fa, il 4 ottobre, su "Cronaca", il titolo è "Marzabotto".
Rino Mele
Monte Sole
I tedeschi si mossero da Pietrasanta, sulla costa toscana,
arrivarono a Sant'Anna di Stazzema
per impervi sentieri
alla fine della notte, nell'angustia stretta delle strade
entrando nel sonno bianco
di chi non aveva dormito.
Gli uomini erano scappati nei boschi per l'orrore della
deportazione,
rimasero le vittime ad aspettare.
Sembrava la prova di scena di un film
quel ventaglio di soldati che
s'allargava sempre più. Gli elmetti chiusi sui musi acuti, gli
occhi fissi sulla preda,
aprivano a calci le porte, solo bambini e donne,
e i vecchi
che si vergognavano.
Venivano portati fuori dalle case, spinti, trascinati. Strappati
dalla loro stessa carne,
stupiti del loro soffrire. Negli slarghi delle piccole
strade, sulle aie,
nella cenere dell'alba
furono uccisi: il suono dei mitra sembrava una musica al
contrario, verso l'inizio del male.
Vennero usate anche le baionette - per macabro
gioco - col corpo di una donna,
gonfio di vita.
La bambina più piccola uccisa si chiamava Anna, aveva
venti giorni. Bruciarono
ogni cosa nella fretta di cancellare.
Due mesi dopo, anche a Marzabotto, nei paesini di Monte Sole, non
ci furono ripari per contrastare il male:
gli uccisi
entrarono nella morte
come avessero scardinato una porta leggera,
i muri sporchi
di calce, la strada che torna su stessa e non sa terminare.
Nella pioggia, i cani aspettano i richiami
che non udranno più,
continuano a correre dentro il sangue e lo strazio.
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Rino Mele (Premio Viareggio Poesia 2016, terna finale con “Un grano di morfina per Freud", ed. Manni) scrive, il venerdì e il martedì, su “Agenzia Radicale”. Dal 2009 dirige la Fondazione di Poesia e Storia. Il nome della rubrica è “Poesì”, come nel primo canto del “Purgatorio” Dante chiama la poesia.
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