Questi versi, che ho appena scritto, vogliono essere un affronto al perbenismo, la prudente paurosa distanza nei riguardi di chi soffre, la superciliosa superbia accademica, la sapienza sciatta di molti, il loro consueto chiudere in veloci formule il dolore per esorcizzarne la paura. "Cerbero, fiera crudele" è dal VI dell’Inferno.
RINO MELE
È una pioggia quel velo davanti agli occhi e tu pensi
È una pioggia quel velo davanti agli occhi e tu pensi
sia il dolore
ma il dolore non si vede, t’impedisce di respirare e non
è un’immagine,
del dolore sappiamo solo la parola dolore,
non che ti prende alla gola e l’apre e tu non vedi più niente,
solo il tuo volto
che non è più il tuo.
Quando un altro soffre, puoi solo
ascoltarlo in silenzio
e lasciarti contaminare, accettarne il contagio.
Il dolore non ha niente a che fare con la parola dolore, ti viene da
vomitare e il tuo volto
ti vomita accanto, contro, dentro le mani che non riconosci più.
Chi prova quello strazio non sa
da dove gli venga, sa solo che non lo abbandonerà.
Riuscirà per qualche stagione a dimenticare, un’estate torrida, una
primavera azzurrina, poi, all’improvviso,
sai che sei senza volto, senza maschera, foto tessera, il codice fiscale
segnato su un foglietto,
sei di nuovo prigioniero di quei sensi di colpa
che sembrano una triplice bocca che stringe. Cerbero, fiera
crudele, non ti lascia
dormire, ti chiede di gridare,
e allora inizi a correre dove la cerimonia non lo prevede, sei l’unico a
farlo. Sono tutti spaventati,
ognuno finge
sia naturale, non si può rovinare la festa, tutti sorridono quando ti togli le
scarpe, qualcuno si slaccia anche le sue per gioco,
per complicità terapeutica.
“Non è niente, capita a tutti".
Nessuno s'accorge quando diventa un altro, e chiede a un giovane
impiegato impreparato il proprio nome: “Chi sono?”,
s’affanna, “Sia così gentile da dire il mio nome, mi sono perduto
in questo teatro, forse è una sala
operatoria molto affollata, può dirmi se ho un nome?”.
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Rino Mele (Premio Viareggio Poesia 2016, terna finale con “Un grano di morfina per Freud", ed. Manni) scrive, il venerdì e il martedì, su “Agenzia Radicale”. Dal 2009 dirige la Fondazione di Poesia e Storia. Il nome della rubrica è “Poesì”, come nel primo canto del “Purgatorio” Dante chiama la poesia.
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