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19/11/24 ore

POESÌ di Rino Mele. Sono stanchi d’essere morti



l delirio della guerra (delle guerre) distrugge la ragione. Prevale l'anamorfosi, la deformazione della parola, delle figure, non più riconoscibili. Il dolore progressivamente non ha più suono e disturba sempre meno chi ne è lontano. Sembra quasi che la guerra lentamente si cancelli da sé, e scompaia dal suo tragico orizzonte.

 

Intanto, in un'intervista riportata dalla Tass, il vicepresidente del Consiglio di Sicurezza russo, Dmitry Medvedev ha appena detto: "Qualsiasi tentativo d'invadere la Crimea equivarrebbe a una dichiarazione di guerra contro la Russia. Se uno stato membro della Nato facesse una tale mossa, porterebbe a un conflitto contro l'intera Alleanza dell'Atlantico del Nord: alla Terza guerra mondiale". 

 

 

 

 

RINO MELE

 

  

Sono stanchi d’essere morti 

 

Li dimentichiamo 

già prima che muoiano, come non fossero nati. 

Ce ne liberiamo piangendo.

La guerra è un duello, un’orrida 

sfida, la prova di un simulato suicidio della specie 

che divora se stessa, mangia la propria bocca, si strappa 

coi denti le labbra, avvelena

il respiro: è un progetto di predazione del corpo 

dei vinti: l’ebbrezza 

del sangue, la sottomissione di un popolo perché perda 

il suo volto: chi è sconfitto 

diventa schiavo, entra nel godimento 

del vincitore. I rituali funebri, i roghi, il pianto, 

i processionali canti, le grida ripetute 

a implorare l’impossibile ritorno, sono solo un irrilevante 

compenso per la colpa 

di questa continua uccisione, 

l’inarrestabile pulsione a fare il male, 

appestati nel non saper vedere chi passa in silenzio accanto 

e muore di fame. Se un terzo conflitto universale

dovesse portare a un attacco atomico, sarebbe già scritto 

il gesto di chi come un automa risponde 

copiando alla rovescia l'incendio 

che arde la riva. Costretta a ripetereil male, l'ombra 

dell'uomo svanirà.

Il 24 febbraio 2022 è di nuovo la guerra: la Russia 

invade l’Ucraìna. Si ripete 

uguale l’osceno inizio 

di tutte le storie: qualcuno passa in armi un confine

e quel solco diventa il canale 

dentro cui scorre 

il sangue dei giovani uccisi, il loro oscuro sacrificio.

A settembre del 1939, s'aprì il baratro della 

Seconda guerra mondiale: la Germania e l'Urss invasero 

la Polonia come in un duplice specchio, 

si fermarono solo 

quando incontrarono lo stesso fiume, 

le acque del Bug. Alla fine del mese, Varsavia era distrutta 

come non fosse esistita,

l'8 ottobre Hitler disse, ed era un ordine: “I polacchi 

diventeranno gli schiavi del Grande 

impero germanico”. 

Parole che girano ancora su se stesse, sono un vortice 

che non sappiamo ricordare 

ma su quei bordi siamo costretti a correre all'indietro,

tutta la storia dell’uomo è

questo pertinace disegno del dominio sull’altro, 

Il prigioniero è legato, chiuso in uno stretto canile, 

gli tagliano i capelli, premono 

sulla sua pelle un marchio che brucia, gli tolgono il nome.

 

 

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Rino Mele (Premio Viareggio Poesia 2016, terna finale con “Un grano di morfina per Freud", ed. Manni) scrive, il venerdì e il martedì, su “Agenzia Radicale”. Dal 2009 dirige la Fondazione di Poesia e Storia. Il nome della rubrica è “Poesì”, come nel primo canto del “Purgatorio” Dante chiama la poesia.

 

 

  

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