Informativa

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie.

19/11/24 ore

Poesì di Rino Mele. Il volto nelle lacrime



"Làvere salsis vultum lacrumis" è un frammento dalla "Medea" di Lucio Accio. Nato a Pesaro nel 170 avanti Cristo, fu poeta tragico, ma di lui abbiamo solo avari versi, strazi di parole. Oggi, 21 maggio 2022, ho scritto "Il volto nelle lacrime": ripensavo proprio questo frammento di Accio, un'orma sulla rena prima del frangersi dell'onda.

 

 

 

 

                            

RINO MELE

  

 

Il volto nelle lacrime

 

 

"Lavare il volto nelle lacrime", m'insegue questo frammento

del latino arcaico di Accio, è la pioggia 

che s'asciuga mentre fitta di veli cade, nel deserto. Corro 

intorno a me stesso, 

come i cani. 

Non abbiamo la forza per rompere lo specchio che ci annega

nel riflesso 

su una superficie che non ci appartiene: stiamo bene solo sdoppiati, 

nello sguardo di un altro, lontani dal nostro 

infelice consistere. Quando, a tratti, dormiamo nel confine di vuoti 

sogni, ripetiamo alla notte 

la nostra continua richiesta, l'inutile ricerca, sapendo 

che oltre noi stessi c'è il nulla. 

Tutto è tra due labbra di marmo, che alla fine non parlano più: 

se ci fosse davvero un prima e un poi, potremmo 

allontanarci da noi, invece 

siamo schiacciati 

tra due dita come la piccola mosca che da bambini 

avevamo catturato e l'amavamo 

tanto che non volevamo sfuggisse 

mentre stringendo la uccidevamo. Il caldo è feroce, scendono 

lumache d'aria dalle pareti, inizia un mormorio afasico, il distratto

lamento, la cerimoniosa 

attesa dei morti, con cui nemmeno fingiamo di parlare.

Cos'è la poesia? Questo nostro insistere ad ascoltare? Scriviamo 

solo perché

la pagina accolga la parola che 

torna: la poesia attende quel ritorno, i materiali rimossi, la colpa 

che lacera e disorienta il pensiero: 

ci restituisce il nostro volto che avevamo nascosto, la condanna 

evitata, ma 

è già un primo scontare la pena

quell'abile dimenticare: non serve tagliare, allontanare 

da noi stessi 

il confuso parlare che ci riguarda, 

il ronzio, le api della memoria, la saliva degli insetti, 

ed era il tuo pianto. 

Moriamo come siamo nati, le labbra che hanno sete. 

 

 

_________________________________   

 

  

Rino Mele (Premio Viareggio Poesia 2016, terna finale con “Un grano di morfina per Freud", ed. Manni) scrive, il venerdì e il martedì, su “Agenzia Radicale”. Dal 2009 dirige la Fondazione di Poesia e Storia. Il nome della rubrica è “Poesì”, come nel primo canto del “Purgatorio” Dante chiama la poesia.

 

 

  

Leggi l'intera sequenza di POESÌ