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20/11/24 ore

POESÌ di Rino Mele. La corsa (da Jacobs al bambino che impara)



Al 72° metro della gara di domenica 1 agosto, Jacobs è imprendibile, sfugge a se stesso, corre alla velocità di 43.056 km/h.  Correre non è camminare, è uno sfidare il vuoto che ti s'apre davanti. Siamo stupefatti nel vedere un bambino tenersi in piedi e dare il primo passo, tornare indietro, riprendere a camminare: poi tutto sembra confondersi nel quotidiano ripetersi delle ore. Ma la prima volta che un bambino corre chi la ricorda?

 

 

 

 

RINO MELE

 

 

LA CORSA (da Jacobs al bambino che impara)

 

 

L'aria diventa acqua quando

corri, si oppone contro il tuo corpo

a lottare. Il respiro 

manca

nel gioco aspro di 

raggiungere la propria ombra e, inseguiti,

inseguirla.

Sulla linea di partenza,

curvi, gli atleti guardano senza vedere,

la gara

inizia nel tempo 

che si spezza, è subito un volare contro.

Chi corre - un bambino che 

impara la vertigine

o Marcell Jacobs che vince a Tokyo - 

si trova sempre 

a torcersi nell'aria 

per raggiungere il proprio io 

dimenticato.

Correre non

è muoversi velocemente ma sognare di

cadere

in un precipizio e sopra di esso fermarsi:

come gli uccelli,

dopo avere battuto con le ali 

furiosamente 

l'aria

fino a ferirla.

Di notte, nel buio, il freddo 

sul volto,

la felice necessità di sciogliersi

da ciò che ci trattiene:

e lo stupore

di staccarci da noi stessi, 

nell'attesa d'essere

raggiunti dal nostro corpo, rimasto indietro.

 

 

_________________________________________  

 

 

 

Rino Mele (Premio Viareggio Poesia 2016, terna finale con “Un grano di morfina per Freud", ed. Manni) scrive, il venerdì e il martedì, su “Agenzia Radicale”. Dal 2009 dirige la Fondazione di Poesia e Storia. Il nome della rubrica è “Poesì”, come nel primo canto del “Purgatorio” Dante chiama la poesia.

 

 

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