Ouverture. Voci assorbite dai solchi di un vinile si assemblano diligenti, una alla volta, inseguendo quella sola nota, imitandone il tono, musica sillabata da strumenti di un'orchestra decisa a scandire il tempo della fuga. Per avere accesso a 'Moonrise Kingdom' è necessario prestare occhio e orecchio ad ogni variazione di quell' incantevole composizione sinfonica che Wes Anderson struttura (e destruttura) regalando al cinema una storia d'amore pura, intensa, lunare.
In una angolosa e simmetrica casa rossa e bianca su un'isola immaginaria del New England nostalgicamente aggrappata all'anno 1965, agli incompresi e solitari dodicenni Suzy e Sam basta un solo sguardo per riconoscersi e innamorarsi senza scampo.
Non più bambini, non ancora adolescenti, i due decidono di fuggire insieme per affidare ad una piccola spiaggia incastonata tra le rocce l'assoluta priorità del loro indiscutibile sentimento; ma il mondo è adulto e non accetta innocenza, non vede sfumature, la sua voce filtrata da un megafono copre i versi di una poesia che solo una ribelle ingenuità può declamare.
Ecco allora che tra rocamboleschi e surreali inseguimenti, carrellate sognanti e pastellate e un imbarazzato e delicato sfiorarsi di corpi acerbi Anderson immerge morbide setole nei colori sgargianti di un'avventura che ci porta ai confini di un mondo che ha smarrito la sincerità, che non riconosce diversità, un mondo immobile, impreparato davanti alle intemperie, impotente di fronte al fulmine e all'acqua dirompente.
Si diverte, Anderson, gioca con i suoi meravigliosi e bizzarri personaggi: con estrema sensibilità estetica e narrativa ne scompone i vissuti, le emozioni, l' indifferente rassegnazione per poi consegnarne i frammenti alla forza indomabile della tempesta.
'Moonrise Kingdom' è il regno della semplicità insita nel disordine, dell'alterità del sogno rispetto ad una realtà che adotta la 'normalità' come suo principale parametro: il regista dei Tenenbaum costruisce un dipinto di proporzioni straordinariamente armoniche attraverso rigide simmetrie, tempi perfetti e un'iconografia altamente evocativa.
Il tutto, unito alla spontanea e commovente recitazione dei due piccoli protagonisti (Kara Hayward e Jared Gilman) e alle ironiche performance del resto del prestigioso cast (Bruce Willis, Edward Norton, Bill Murray, Tilda Swinton), dà vita ad un polifonico concerto di sensazioni che solo un 'direttore' (d'orchestra o di film, è uguale) degno di tale nome riesce a proporre, esaltando al contempo la bellezza estatica della composizione e la struggente nitidezza di ogni singolo suono.