In Italia il ruolo dell'industria culturale è fortemente marginalizzato e sottovalutato nonostante l'immane patrimonio di beni culturali del paese. A ciò si aggiunge il fatto che questo tipo di industria non ha una grande domanda interna in quanto fortemente legata al reddito degli italiani risultando perciò con l'attuale crisi un bene di lusso.
Se infatti si considera il rapporto tra addetti nel settore culturale e occupati totali, ci si rende conto che la media (2,2%) è superata in modo significativo solo nel Lazio, che si attesta sul 4,4% e in Lombardia che è al 2,7 per cento. Ci sono poi regioni come la Valle d'Aosta e il Piemonte che si situano a ridosso della media (2,3% la prima, 2 il secondo), mentre le altre regioni sono tutte al di sotto, con Abruzzo e Basilicata al minimo (rispettivamente, 1,4 e 1,3%).
Uno degli effetti visibili di questa recessione è stata negli ultimi giorni la messa in vendita del circuito di sale cinematografiche The Space Cinema. Alessandro Benetton, il maggior azionista della società, ha deciso infatti di vendere la propria quota (pari al 51 per cento) ai soggetti potenzialmente interessati quali fondi di private equity ed operatori del settore, come la francese Pathé, una delle principali imprese di cinema in Europa che vanta un giro d'affari superiore a 800 milioni di euro e circa 4 mila dipendenti, la Universal Pictures Italia e Uci Cinemas che è il primo esercente cinematografico italiano.
Se ne va dunque un pezzo d'industria del nostro paese che vanta una quota di mercato superiore al 20 per cento nei multiplex e sale cinematografiche spalmata su 347 schermi e ben 34 strutture, dove al fianco della classica proposta cinematografica, offre anche eventi musicali, teatrali e sportivi.
Ne basta ad invertire questa tendenza la recente apertura del governo verso l'Agis (Associazione Generale dello Spettacolo). Di qui ad esempio il caso del comune di Roma ha ridotto dal 10,6 al 7,6 per mille le aliquote Iva per quanto riguarda l'Imu di cinema e teatri.