I Bookmakers lo danno5 auno e l’entusiasmo a Venezia è alle stelle ma bisogna avvisare gli scommettitori che alcuni distinguo sono ineludibili.
Forse un po’ viziati dal Paul Thomas Anderson che ci regalò cinque anni fa Il petroliere, prova notevolissima successiva ai pur ottimi Boogie Nights e Magnolia, l’impressione è che la parabola ascendente dal cineasta americano subisca, se non un arresto, un considerevole rallentamento.
Freddie Quell, giovane reduce del secondo conflitto mondiale incontra casualmente, sul traghetto diretto a New York , Lancaster Dodd, capo indiscusso della nascente organizzazione spiritual-scientifica: La Causa.
Bisognoso di reinserirsi a ogni costo nella vita civile inizia pertanto il percorso di riabilitazione psico-sociale che La Causa propone ai suoi adepti per elevarli dalla loro animalità, considerata l’elemento universale della disperazione umana.
È qui comincia a prendere forma quello che il regista chiama il cardine del film: la relazione d’amore tra maestro e discepolo, costituita da tutte le variabili che possono svilupparsi in tale specie di rapporto. Non esclusa l’appassionata relazione che coinvolge il giovane, la figlia del suo mentore e, a un diverso livello, lo stesso leader .
Mentre l’organizzazione prospera in numero di adepti e risorse finanziarie, il giovane, eletto nel frattempo a partner fiduciario del capo, comincia a dubitare della buona volontà del Maestro e il rapporto comincia a deviare in direzioni indesiderate da entrambi…
Le parole del regista ai giornalisti seguite alla prima di oggi:
Questo film appare come più narrato da parte te tua rispetto ai precedenti…
Anderson: Io vado in montaggio e taglio ogni parte che non va bene….anzi no, scherzo, non so cosa sia esattamente narrativa. Racconto semplicemente la storia d’amore che muove questi due personaggi, nel corso di molti anni. Io avevo scritto molto materiale che non riguardava loro due ma alla fine ci siamo accorti che il materiale più interessante era quello che trattava dei due personaggi principali.
Tom Cruise ha visto il film insieme a lei, come ha reagito?
Anderson: Abbiamo visto il film insieme ma le nostre riflessioni rimangono private, tra noi due.
Una domanda agli attori: quanta libertà avete avuto nel costruire i vostri personaggi? C'era una linea principale che contrapponeva il razionale contro il selvaggio? Come è stato concepito il grande lavoro sul corpo di Phoenix?
Hoffman: Paul rispetta molto gli attori, io e lui parliamo continuamente e dal piacere della conversazione nasce la performance. Lui è abbastanza disponibile da capire che non è solo la sceneggiatura che crea il personaggio.
Phoenix: … sinceramente non credo che Paul mi abbia dato molta libertà, il personaggio l'ha ideato lui, io ero lì a recitare il mio ruolo..
Che cosa li attira a vicenda? Perchè sono attratti l'uno dall'altro?
Hoffman:… beh, si identificano l’uno nell’altro io penso, tutti e due sono selvaggi, il mio personaggio desidera di essere selvaggio esattamente come Freddy, ma questa è la natura dell’uomo…tutti vorremmo fare tutto, far sesso con tutti quelli che si incontrano ecc. ma poi dobbiamo per forza cercare di gestirci in qualche modo…
Il suo è un cinema di padri e di figli, vale anche per questo film?
Anderson: Questa tematica, nonostante i miei sforzi di diversificarmi, alla fine vien fuori sempre. Questa volta però mi sono concentrato su una specie di romanzo d’amore tra loro due e questo è piuttosto evidente…
Perché questi attori? E' nata prima la sceneggiatura o la scelta degli attori?
Anderson: Quando scrivevo la sceneggiatura pensavo proprio a loro due, Joaquim finalmente mi ha detto si, era da molti film che intendevo lavorare con lui. Invece Philiph ormai mi aspetto che lavori sempre con me. È stato un privilegio lavorare con Amy Adams, semplicemente bravissima oltre che bella e piacevole da vedere…
Quanto c'è di profondamente americano in questo film? I Rapporti con Scientology?
Anderson: Non so se la storia ha a che fare con l’America, in fondo potrebbe essere ambientata ovunque. Scientology e Hubbard, sono solo un’esempio. Certo è stata una delle basi per il mio film, ma in realtà a me interessava indagare l’inizio di vari movimenti che all’epoca c’erano, al di là dello stesso Hubbard. Era l’epoca in cui gli americani si muovevano molto attraverso il paese a bordo delle loro roulotte e ci si incontrava e si familiarizzava con estrema libertà e piacere e spontaneità…
La valanga di critiche positive ha insistito soprattutto sulla bravura degli attori che, se condivisibile per la performance di Hoffman, non può credibilmente essere invocata anche per un Phoenix di una coerenza stilistica piuttosto frammentaria.
Appare eccessivo spingersi a pronosticare la coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile ne, tantomeno, come arrischiato oggi da più parti, il Leone d’Oro al film.
Molti i film da passare ancora in rassegna per un festival solo al suo quarto (su un totale di undici) giorno di programmazione.
Vincenzo Basile
(foto Abaca)